Gian PIero Ventura

(Gazzetta dello Sport – F. Licari) Fuori dal tunnel. Forse l’1-0 in Albania farà saltare il blocco psicologico che impediva agli azzurri di reagire, intanto restituisce un po’ di coraggio. Ora è il momento di ripartire, cominciando dagli imminenti playoff nei quali saremo teste di serie: non ci sono avversarie impossibili. L’importante è ritornare all’Italia che conoscevamo prima della botta subita in Spagna: una squadra non trascendentale, ma in crescita. Madrid aveva colpito la classifica, il ranking, ma soprattutto l’orgoglio e l’autostima. La depressione s’era insinuata nella testa e nelle gambe: s’è visto anche contro un’Albania modesta, tecnicamente inferiore alla Macedonia, ma ordinata e combattiva. Fino al gol di Candreva (al 28’ s.t. era ancora il peggiore), lo 0-3 di Madrid sembrava opprimerci ancora. L’abbraccio collettivo, manco in una finale mondiale, è stata la spia della liberazione. Ma meglio non farsi illusioni: siamo da sufficienza e tante cose ancora non girano come dovrebbero.

DOPPIA DIFFICOLTA’ – Non girano per tanti motivi, due dei quali chiari. Per la paura di un’altra figuraccia, addirittura di finire in seconda fascia al sorteggio, che ha condizionato ogni appoggio, anche il più semplice. E in secondo luogo perché l’involuzione del gioco è evidente: quella di Prandelli era la Nazionale di un tiqui-taca all’italiana, quella di Conte si ricordava per la chiusura forte e le ripartenze con tagli improvvisi e profondità. Quella di Ventura non ha ancora un’identità ben precisa, o forse l’ha persa: non è quella dei giovani e tatticamente non ha trovato le risposte che cercava. Ci vorrà tempo.

RITORNO AL 4-2-4 – Giudicando dal risultato, il 4-2-4 riproposto in Albania ha almeno creato più occasioni e fatto scorrere meglio il gioco del 3-4-3. Però tutto va valutato anche in relazione all’avversario: a un certo punto, forse un po’ stanca per il pressing non sempre lucido, la squadra di Panucci ha allargato le maglie concedendo agli azzurri spazi in contropiede. Prima, tanta fatica. Il gol è arrivato a poco più di un quarto d’ora dalla fine, nella prima azione in cui Spinazzola, da sinistra, è sembrato finalmente quello dell’Atalanta: affondo, dribbling, taglio all’interno e cross per Candreva che dall’altra parte ha colpito sicuro. Nelle altre ripartenze, però, la mira è stata improbabile.

LONTANI DAI CLUB – Tutti gli azzurri sembrano sotto i loro standard dei loro club, non soltanto Spinazzola. Lo stesso Buffon quasi non trattiene un tiro: respinge sempre, oppure è costretto alla doppia presa. Un’insicurezza che non è esclusiva del portiere: i movimenti di Gagliardini (anche se nel secondo tempo l’interista si ritrova), gli appoggi di Darmian, la corsa più anarchica del solito di Immobile. Tutto al limite, col freno a mano. Oltretutto i due di centrocampo, Parolo e Gagliardini, si sono trovati diverse volte in inferiorità contro la mediana albanese. Panucci ha schierato un 4-3-3 nel quale la mezzala Memushaj s’inseriva spesso da sinistra per infoltire la pressione su Bonucci e Chiellini, i veri «registi». Ecco un altro dei problemi: se punti sul 4-2-4 devi avere due mediani mobilissimi, che sbarrano la strada e lanciano subito la profondità. Altrimenti non c’è niente di male a pensare a un 3-5-2 d’emergenza o – più difficile – a un 4-3-3.

QUALCHE INNESTO – Ci vorrebbe però un regista. A lungo l’Albania ha vissuto sull’infaticabile Basha che, oltre a recuperare palloni, impostava con stile proletario e buona efficacia. Qui non tutte le colpe sono di Ventura, c’è davvero poco in giro, e chissà se davvero possa avere un senso la chiamata di Jorginho. Se poi l’italo-brasiliano non ripete le giocate del Napoli siamo al punto di partenza: lo stesso Insigne, lontano dai meccanismi di Sarri, qui incide meno. Non si possono concedere Belotti, Marchisio, De Rossi e compagnia, ma questo mese servirà al c.t. per studiare qualcosa, magari qualche inserimento. Cominciando da quel Florenzi che, oltre all’agonismo, ha una sensibilità tattica fuori dal comune.

PARTENZA DIFFICILE – Un particolare non secondario è che otto delle ultime 10 reti dell’Italia sono arrivate nel 2° tempo (e il successo, come contro Israele, dopo l’entrata di Zappacosta). Come se ingranare fosse complicato perché non tutti hanno le idee chiare e il gioco finisce per svilupparsi a lungo per corsie laterali: che sarebbe un bene se servisse ad allargare le difese, ma spesso impoverisce la manovra quando non ci sono tagli né inserimenti al centro. Comunque prendiamoci questi 3 punti «indispensabili» e ricominciamo. Non siamo la Germania ma neanche gli ultimi.



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