Ariedo Braida

(Il Messaggero – M. Meroi) Ariedo Braida, direttore sportivo del Barcellona, è l’uomo che ha “gestito” i primi anni della carriera da professionista di Davide Astori quando era di proprietà del Milan. «Fece tutta la trafila da 14 anni fino ai 18, faceva coppia fissa con Perticone», il suo primo ricordo. I due, dopo le giovanili rossonere, fecero coppia anche alla Cremonese nella stagione 2007-2008. «i- dice il dirigente friulano originario di Precenicco con la voce rotta dall’emozione -. La sua prima qualità era sicuramente l’umiltà: sapeva mettersi in discussione, ma era anche ambizioso». Braida, già fare la trafila nelle giovanili del Milan significava avere dei valori poco più di dieci anni fa. Erano gli anni in cui i rossoneri arrivavano alla finale di Champions League. «Sicuramente. Poi il salto in prima squadra, a quei tempi, era quasi impossibile rispetto a oggi. C’era grande differenza, la coppia centrale del Milan era composta da Nesta e Maldini. Però il ragazzo aveva delle qualità. Gli consigliai di accettare il prestito prima al Pizzighettone e poi alla Cremonese. Ero convinto che avrebbe fatto una carriera ad alto livello e glielo dissi ancora prima che arrivasse in A. Alla fine ci ho visto giusto». Infatti è arrivato a giocare in Nazionale. «Stiamo parlando di un ragazzo molto intelligente, uno che sapeva farsi valere anche al di fuori del campo. Aveva una grande capacità di sintesi: sapeva ascoltare e poi tradurre in pratica i consigli che gli venivano dati. Oggi che non c’è più faccio fatica a crederci. Un ragazzo che sapeva ascoltare i consigli che riceveva per poi tradurli in pratica dere a quanto è accaduto». Tutto il mondo del calcio è rimasto scosso da questa tragedia. E infatti domenica la serieA non ha giocato. «Credo sia stata una decisione doverosa. Quello che è accaduto è terribile innanzitutto per la famiglia, i genitori, i fratelli, la compagna e la figlia, ma anche per tutti noi. Davanti a certi avvenimenti ti ritrovi davvero impotente, vuoto». In questi casi ci si chiede se si poteva fare qualcosa. Poi, però, è opinione abbastanza comune che nel campo della medicina sportiva in Italia siamo all’avanguardia. Lei che adesso sta vivendo un’esperienza all’estero lo può confermare? «Sì. Ieri mattina ho letto un intervento del professor Caru, un’eminenza grigia nel campo della cardiologia che ha spiegato come i rischi di incidenti di questo tipo si possono ridurre, ma non azzerare del tutto. Mi viene da dire che quello che è successo a Davide fa parte dei misteri della vita». Domenica al Camp Nou, in occasione della gara con l’Atletico Madrid al minuto di silenzio nei confronti di Quini è stato unito anche il ricordo di Astori. C’è il suo zampino in questa decisione del club catalano? «Assolutamente no. Il Barcellona è una società straordinaria, sensibile e molto attenta a queste cose. L’eco del fatto drammatico di Udine è arrivato fino in Spagna: si tratta di uno di quei fatti che non possono lasciarti insensibile. Siamo tutti scossi, ma quello che fa più male è immaginare il dramma che stanno vivendo i familiari. Non allevierà il loro dolore, ma lo ribadisco: Davide era un ragazzo stupendo»



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