Francesco Totti

(Il Tempo – E. Menghi) Domani è il primo anniversario triste della storia finita tra Totti e il calcio. Il Blue Monday dei romanisti. Il 28 maggio 2017 si è chiusa un’era e dopo lo shock, per dirlo con le parole dell’erede De Rossi, è «iniziata una nuova vita». Per tutti, e per Francesco in primis. Ci è voluto del tempo per metabolizzare, qualche vacanza da sogno, l’errore di tentare la strada da allenatore, i ripensamenti e poi finalmente la quadra trovata, il feeling con Monchi e Di Francesco, l’investitura da intermediario. Un dirigente che sa come parlare ai giocatori. L’ex numero 10 è entrato in pista nella seconda parte del ritiro estivo, al rientro della squadra dagli Usa, e il primo compito che gli è stato affidato lo ha proiettato subito nel vivo del mercato: si è occupato dei rinnovi di Manolas e Nainggolan. Non si è seduto al tavolo delle trattative, ma è stato chiamato ad intervenire lì dove c’erano spigoli da smussare, conoscendo il pensiero di un calciatore in queste situazione. E il lieto fine c’è stato. Dovesse servire, è pronto a rendersi utile anche nel caso Florenzi, per ammorbidire le parti ancora distanti.

Totti è riuscito a diventare l’anello mancante tra la testa e le gambe, i piani alti e i piedi che fanno girare il mondo del pallone. Opera dietro le quinte, ma è anche uomo immagine del club e la prima uscita ufficiale è stata al sorteggio di Nyon, indirizzando le sorti della «sua» Roma in Champions League quando nessuno s’immaginava di vedere i giallorossi in semifinale. L’amico Buffon per continuare ad inseguire il sogno di alzare la coppa più importante ha chiuso il capitolo Juventus e accettato la sfida PSG, che gli garantisce altri due anni ad alto livello. A Totti un’offerta del genere non è mai arrivata, una di quelle che tra la Roma e altro ti fa propendere per l’altro. Non un vero tradimento, in fin dei conti, solo un modo per allungarsi la carriera e poi tornare a casa senza gli scarpini ai piedi. Francesco vive ancora come un calciatore professionista, anzi ora sta più a «stecchetto» di prima, perché per mantenere la linea a 41 anni senza scendere in campo la domenica è più difficile. A un anno dalla fine di un’epoca sta riflettendo sulla possibilità di fare una partita d’addio, dopo essere stato a quella di Pirlo, ma non sarebbe come Roma-Genoa, quel carico di emozioni è irripetibile ed è per questo motivo che non è convinto. Il 28 maggio 2017 è stata la sua partita,il suo ultimo commovente show davanti a quasi 60 mila romanisti in lacrime.

Il programma per l’estate è già ricco, dall’8 al 14 giugno sarà in Russia per l’altro Mondiale, quello delle leggende, e porterà con sé la famiglia. Le vacanze per ora prevedono la solita tappa a Sabaudia, aspettando la fine delle scuole per i figli, poi tornerà a stretto contatto con la squadra e quest’anno parteciperà ad almeno una parte della tournèe americana. Con un anno di esperienza in più ricomincerà la vita da dirigente, pronto a dare una mano a Monchi per il mercato, se ci sarà da telefonare allo Schick di turno. Il weekend lo sta trascorrendo a Montecarlo per il Gran Premio di Formula Uno, lontano dai ricordi che inevitabilmente domani dovrà rivivere. Un (non) buon anniversario.



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