Rassegna stampa
Castan: “Che forte la Roma di Garcia, che bello il Torino di Mihajlovic”
NOTIZIE AS ROMA CASTAN – “Torino, grazie di tutto, ma in Italia è la Roma la mia squadra del cuore”. Lo dice Leandro Castán, 33 anni, “sceriffo” e capitano del Vasco da Gama, di Rio de Janeiro. Soprattutto nella stagione 2013-2014, con la guida di Rudi Garcia, formò una solida coppia centrale della difesa romanista al fianco del franco-marocchino Benatia.
Poi purtroppo gli venne scoperta una forma tumorale al cervello che comportò circa un anno di stop. Poi dopo Samp e Torino provò a tornare ai bei tempi in giallorosso ma le cose erano cambiate. Giocò anche nel Cagliari fino al rientro in Brasile: dal 2018 è al Vasco, dove ha ritrovato una certa stabilità di impiego.
C’è Torino-Roma, per chi farà il tifo?
“Roma. È la squadra alla quale mi sento maggiormente legato. Nel torneo 2013-2014 in coppia con Benatia avevamo subìto solo un gol in dieci partite di fila. In quella stagione potevamo pure vincere lo scudetto se la Juventus non fosse stata così brava: fecero 102 punti”.
Qual è stato l’allenatore più bravo tra quelli che ha avuto?
“Rudi Garcia. Lui per certi versi era l’opposto di Zeman. Venivamo da un’annata molto negativa. Garcia rispettava molto l’individualità di ciascuno, io e Benatia avevamo libertà di andare in attacco, eravamo al top della nostra forma atletica, potevamo giocare uno contro uno e strappavamo spesso il pallone agli avversari. Ci divertivamo un sacco. Balzaretti rimaneva più in marcatura sulla sinistra mentre Maicon era il fluidificante sulla fascia destra. Garcia sapeva tenere il gruppo in mano. Era molto rispettato nello spogliatoio”.
Chi le diede più sostegno quando le capitò di ammalarsi di tumore ?
“Sabatini. Lo considero come un padre. Rimarrà sempre nel mio cuore, non dimenticherò mai ciò che fece per me. Io non volevo farmi operare, avevo paura. Ma lui mi convinse a subire l’intervento, non mi lasciò andare in… pensione. Sapeva che sarei riuscito a tornare”.
È vero che lei sognò di trovarsi in una bara a Jaú, la sua città, con la gente che le rendeva omaggio?
“Sì. Successe un po’ prima dell’intervento chirurgico… Provai a ripartire con la Roma nella stagione 2015-16, ma giocai solo sei volte. C’era Spalletti, sbagliai una partita e rimasi fuori dai suoi piani. Così fui prestato al Torino. Poi quando tornai alla Roma non c’era più Sabatini. Il direttore era Monchi, l’allenatore Di Francesco: non riuscii a giocare”.
E a Torino come si trovò?
“Sinisa Mihajlovic mi diede subito molta fiducia. Mi ricordo che da tanto tempo il Toro non vinceva con la Roma e la battemmo 3-1 all’Olimpico. Trascorsi sei mesi bellissimi ma poi ebbi tanti problemi muscolari a ostacolarmi, una conseguenza del tumore”.
Delle squadre attuali conosce bene Zaniolo e Belotti, vero?
“Zaniolo, talento del calcio italiano, un fuoriclasse. Spero che rimanga molti anni alla Roma. Con Belotti avevo giocato. Altro talento, centravanti guerriero, che lotta per il pallone. Uno che lavora. Ho molto rispetto per lui: merita tutto, il meglio”.
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