«Una premessa: le cosiddette opere pubbliche previste dal progetto Tor di Valle servono più ai privati che ai cittadini. In ogni caso, ridurre adesso le cubature significherebbe tagliare ulteriormente queste infrastrutture già carenti». Un’operazione complicata, secondo Domenico Cecchini, docente della Sapienza e presidente della sezione regionale dell’Istituto nazionale di Urbanistica, perché «la delibera del 2014 dice chiaramente che se anche solo una delle opere viene a mancare, decade l’interesse pubblico. Ma già così il progetto Tor di Valle è insostenibile».

Ci spieghi meglio…
«Lo abbiamo detto chiaramente nel documento votato dall’Istituto addirittura due anni fa. Qui non si vuole costruire uno stadio, ma un nuovo gigantesco quartiere direzionale in riva al Tevere, in un’area peraltro a rischio inondazione».

Questa è una delle criticità più evidenti sottolineate dai tecnici del Comune. È risolvibile?
«A parlare del pericolo idrogeologico è stata l’Autorità di bacino. Questo rischio può essere superato solo dopo una serie di interventi complessi, a carico dei privati».

I tecnici dell’Urbanistica hanno già detto che prima bisognerebbe fare gli interventi e solodopo potrebbe essere autorizzata una variante urbanistica. Ma torniamo alle cubature. Perché diceva che il piano è insostenibile?
«Perché lo stadio rappresenta solo il 14% dei metri cubi, mentre l’86% è per il centro il direzionale con tre torri più alte di quelle realizzate recentemente all’Eur. Così si stravolge il Piano regolatore generale, che per l’area di Tor di Valle prevede una capacità edificatoria massima di 112mila metri quadri, da destinare peraltro a un Parco divertimenti per bambini. Mentre lo studio di fattibilità di Parnasi e Pallotta ha previsto di edificare il triplo del consentito, vale a dire 345mila metri quadri».

Perché le opere pubbliche previste, secondo l’Inu, non sono davvero utili ai romani?
«Perché queste infrastrutture, soprattutto di trasporto, servono solo a far arrivare gli spettatori allo stadio e a rendere accessibile il Business Park di uffici e negozi. Insomma sono utili sempre e solo ai privati, non tanto ai cittadini».

(Il Messaggero – L. De Cicco)



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