Nils Liedholm

AS ROMA NEWS LIEDHOLM – Uno come lui, oggi, se la comanderebbe con un filo di gas. Senza bisogno, cioè, di spingere forte sull’acceleratore. Troppo un altro passo, troppo un’altra camminata. Troppo un’altra categoria, in campo e fuori. Troppo bravo. Troppo più bravo degli altri pallonari. Colleghi, giocatori, giornalisti, opinionisti, scappati da casa e morti di fama. Uno come Nils Liedholm oggi, riempirebbe le pagine dei giornali senza aprire bocca, scrive La Repubblica.

Liedholm non ha mai recitato: è sempre rimasto fedele alla propria natura di uomo del Sud nato per sbaglio in Svezia. Liddas è stato uno spettacolo di uomo, oltre che uno spettacolo di allenatore. Ecco perché parlare di lui soltanto in chiave tecnico-tattica, raccontare vittorie e trofei sarebbe fare un torto alla sua ironia, alla sua esagerata intelligenza, alla sua magia, alla sua straripante capacità di essere un personaggio unico nella storia del calcio. 

Del Liedholm allenatore si è detto e scritto di tutto, e (logicamente) sono sempre stati elogi e paroline al miele; dell’altro Liedholm, quello che raccontava di essersi tolto le tonsille da solo con un colpo di tosse (sì, l’ha detto…), invece qualcosa ancora sfugge. Di certo, andare a seguire gli allenamenti della sua Roma era divertimento puro, e non solo perché in campo c’erano calciatori del calibro di Conti, Falcao, Di Bartolomei, Pruzzo e Ancelotti.

Cappellino di lana a strisce orizzontali giallo e rosse (fatto ai ferri dalla mamma di Giorgio Perinetti) messo di sbieco sulla testa, si piazzava al limite dell’area di rigore e sfidava il portiere: “Ti faccio tre tiri: se li pari tutti e tre ce ne andiamo”. La faccenda andava sempre in questa maniera: Liedholm si faceva parare i primi due e il terzo lo metteva esattamente al “sette”.



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