(Il Tempo – E. Menghi) I sogni appesi ad una notte, di quelle che da queste parti capitano di rado e quando si materializzano si vivono nella paura di restare delusi e nella consapevolezza che, comunque vada, si sarà scritta un po’ di storia ed è semplicemente bello esserci, godersi i prossimi 90 minuti fino in fondo. Credendoci. Perché non accontentarsi è la filosofia della Roma che nessuno si aspettava di vedere tra le prime 4 d’Europa, e arrivati a questo punto, ad una partita da Kiev, le gambe cominciano a trema- re ma devono correre più dei velocisti del Liverpool per conquistare il pass più importante della Champions League: «Dzeko portaci in finale», è stata l’ultima richiesta dei tifosi.

C’è bisogno dei suoi gol per ribaltare il 5-2 di Anfield, domani sera si riparte da lì, senza guardare troppo indietro perché il futuro passa dall’Olimpico e Di Francesco sta studiando un altro piano perfetto per trasformare un cammino straordinario in un’impresa indimenticabile. Per la gara che vale una stagione non si inventerà niente di speciale, si tornerà al modulo delle origini, al 4-3-3. All’andata la difesa a tre non ha retto contro l’indiavo- lato terzetto dei Reds, Salah, Firmino, Mané, saranno ancora loro ad impensierire la retroguardia giallorossa, che però in casa diventa impenetrabile, o almeno lo è stata finora in Europa, tanto da non subire mai gol tra le mura amiche. Ha saputo farne 3 al Chelsea e 3 al Barcellona, un numero da provare a ripetere, come minimo.

Nessuna squadra è mai riuscita a ribaltare un punteggio di 5-2 in questa competizione, e ne sa qualcosa la Lazio, che nel 1999-2000 è stata eliminata dal Valencia: dopo aver subito all’andata la goleada degli spagnoli, i biancocelesti riuscirono a vincere solo per 1-0 al ritorno. Il Liverpool ha più esperienza rispetto alla Roma, è la decima semifinale che gioca e 7 volte su 9 è arrivato fino all’atto conclusivo, mentre i giallorossi negli ultimi 27 anni non si sono mai spin- ti così lontano: l’unica volta tra le 4 finaliste della Coppa dei Campioni è stata nel 1984, annata che tutti i romanisti ricordano, a malincuore. La rimonta sul Dundee United riuscì, tra le polemiche, ma fu proprio il Liverpool in finale a regalare uno dei più grandi dispiaceri della storia ai tifosi. La musica può cambiare, la distanza sta più nei gol che nella qualità delle due rose e per risolvere il primo problema Di Francesco ha pensato al tandem d’attacco Dzeko-Schick con El Shaarawy, favorito su Under, pronto a spingere sulla fascia sinistra. Edin ha il piede caldo, in Europa ha segnato 7 reti e viene da una doppiet- ta in campionato, con Patrik al fianco ha già fatto scintille contro i blaugrana e domani avrà il compito di ripetersi. In mezzo al campo manche- rà quasi sicuramente la fisicità di Strootman, che non si è mai allenato in gruppo da quando ha preso il colpo al costato e probabilmente andrà in panchina, ma solo perché c’è spazio, viste le assenze di Perotti e Defrel. I jolly a gara in corso sono pochi, Cengiz è la carta migliore a disposizione del tecnico, che a centrocampo punterà sulla freschezza di Pellegrini con De Rossi e Nainggolan.

In difesa Florenzi e Kolarov sulle fasce, Manolas-Fazio al centro e Alisson chia- mato a blindare la porta. Il fischietto della semifinale sarà lo sloveno Skomina, parla sia inglese sia italiano, e ha già diretto i giallorossi quest’anno a Londra nel pari col Chelsea. Tre volte ha arbitrato i Reds: tutte sconfitte per l’unica squadra imbat- tuta in questa Champions League.



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