AS ROMA NEWS VERONA – La prima Roma di Daniele De Rossi è una promessa che la squadra riesce a mantenere in pieno solo nel primo tempo ma basta per battere il Verona – ridotto quasi ai minimi termini dal mercato ma comunque indomito – e soprattutto a dare lampi di luce sul futuro, scrive La Gazzetta dello Sport.
Un’altra Roma è possibile, sembra il messaggio di DDR, che pur con pochi giorni di lavoro ha eliminato le sceneggiate e iniziato a introdurre già concetti per un assetto molto più proiettato in avanti con il palleggio e la tecnica.
De Rossi inizia il suo viaggio sulle macerie affettive provocate dall’addio di Mourinho. L’Olimpico fischia alla lettura delle formazioni – si salvano in pochi e nel mirino c’è anche il capitano Pellegrini – e riserva un’ovazione solo al suo nuovo amatissimo tecnico. Non potrebbe essere altrimenti. Ma se l’ipotesi è che i Friedkin abbiano fatto una scelta solo paracula ci si sbaglia presto.
DDR non è un parafulmine o un ombrello alla critiche: se diventerà grande è da vedere, ma che sia già un allenatore non ci sono dubbi. La Rivoluzione Derossiana è evidente fin dalla lettura della distinta: un difensore in meno, un attaccante in più, 4-3-3 con Pellegrini al reparto idee, Dybala ed El Shaarawy ai lati di Lukaku. È una Roma al massimo potenziale (ferme restando le tante assenze), che nell’applicazione in campo è molto più dinamica nelle rotazioni e nel gioco rispetto a quella ingessata, povera di movimenti e idee dell’ultimo periodo mourinhano.
L’idea di De Rossi è attaccare i cinque canali verticali, a prescindere da chi lo farà: oltre alle tre punte, partecipano all’offensiva anche le mezzeali, soprattutto Pellegrini, e i terzini, che partono a quattro ma svolgono quasi funzioni da quinti. Karsdorp dopo 8 minuti è già alle spalle di Cabal ma sceglie l’extrapass per Lukaku che viene murato ma il vantaggio arriva comunque presto: un tocco di Pellegrini libera la corsa di El Shaarawy, dribbling interno e assist per Lukaku che di prima mette all’angolino.
Il raddoppio precoce è ancora meglio: Huijsen di prima in verticale per Lukaku, cross allungato per El Shaarawy, Pellegrini sul secondo palo raccoglie e mette sotto la traversa. Notare il particolare: in nessuno dei due gol c’è il piede di Dybala, da cui la Mou-Roma sembrava dipendente per sviluppare la manovra offensiva. La DDRoma, invece, coinvolge tutti: i piedi buoni non mancano, l’assetto li avvicina, permette scambi rapidi, Lukaku è meno solo e può giocare di sponda perché gli appoggi arrivano.
L’infortunio di Spinazzola comincia le complicazioni. La costruzione diventa più un tre e mezzo spallettiano, ma l’indicazione più promettente dalla panchina giallorossa è l’invito a continuare a pressare in avanti. Le intenzioni devono però fare i conti con le assenze e con una condizione che non permette (ancora) il flusso continuo nello scambio di posizioni e smarcamenti.
Il Verona, frullato per un tempo intero, nella ripresa può entrare in partita. Ha preso due gol con la difesa alta, atteggiamento che sarebbe deplorevole se lotti per salvarti. Ma la strada intrapresa da Baroni è questa ed è redditizia. Il mercato ha tolto e non ha ancora dato, il tecnico dell’Hellas si deve arrangiare: rispetto al successo sull’Empoli di una settimana prima, non ha più Doig e soprattutto Ngonge. Ma Folorunsho e Suslov tengono alto il livello tecnico.
Allacciate le linee di gioco, il Verona punge. Gol annullato a Folorunsho per fallo (dubbio) su Karsdorp in avvio di ripresa, rigore concesso al Var e buttato da Djuric in curva (altro penalty fallito dopo quello di Henry a San Siro con l’Inter…) e appena oltre la mezzora la rete di Folorunsho, il cui tiro da 30 metri sorprende Rui Patricio.
Gli ultimi venti minuti diventano tutta un’altra partita, molto più simile alle ultime esibizioni giallorosse (che però erano così praticamente dall’inizio alla fine). Per proteggersi, De Rossi – che dopo nemmeno un’ora ha tolto Dybala per Zalewski ma tenendo alto il nuovo entrato – torna al 3-5-2, ma la sua Roma ha perso lucidità.
Le spazzate sono il sintomo del timore di rovinare il ritorno di De Rossi all’Olimpico. L’Hellas pressa, Suslov slalomeggia e Cruz anima la sinistra, ma la resistenza giallorossa tiene. Ai tifosi i tre punti non bastano: ancora fischia alla squadra che va sotto la Sud a salutare. Invece applausi, ovvio, per De Rossi. Per quel che ha fatto, oltre che per quel che è stato.
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