Danny Makkelie

(Il Messaggero – S. Carina) È conosciuto come «miedo escenico», letteralmente «paura da palcoscenico». L’espressione, utilizzata da Valdano e presa in prestito dal premio Nobel per la letteratura Gabriel Garcia Marquez, si riferisce alla pressione che sente un calciatore avversario entrando nello stadio Bernabeu. Il «miedo escenico» negli ultimi anni, soprattutto in Champions, ha avuto una sua evoluzione. Non riguarda più le squadre che affrontano esclusivamente i blancos nel loro tempio ma si estende anche al Barcellona. In casa e in trasferta, non fa differenza. Ultima vittima, la Roma.

AL DI LÀ DEI VALORI Premessa d’obbligo: il divario in campo – seppur in una serata dove i catalani viaggiavano al minimo – è stato evidente. Lo ha ammesso anche Dzeko e nessuno è così folle da negarlo. Tuttavia se i rigori ci sono, vanno dati. La Roma ne aveva meritati due: il primo sullo 0-0 per un evidente spinta di Semedo sul bosniaco. L’altro, poco dopo l’autogol di De Rossi: il fallo su Pellegrini in area è stato invece trasformato in una punizione dal limite.

COLLINA BATTI UN COLPO Due torti evidenti che la Roma ha incassato con garbo. Anche perché paradossalmente il problema non è se alzare la voce o meno. In Italia, con la Figc commissariata, chi potrebbe farlo? Nessuno. C’è però un signore, Pierluigi Collina, che dal 2010 è designatore europeo. Impossibile in questi casi non pensare a lui. Perché a decidere che fosse l’inesperto fischietto olandese ad arbitrare il quarto di finale al Camp Nou, è stato proprio il bolognese. Più esperienza ha certamente il turco Cakir, che se l’altra sera non ha entusiasmato in Juve-Real, rimane sempre l’arbitro che nella finale con il Barcellona del 2015 non assegnò un evidente rigore ai bianconeri per fallo su Pogba. Curiosità: nel 2012-13 Cakir espulse senza motivo l’attuale laziale Nani, cambiando le sorti del match dello United. A favore di chi? Del Real, ça va sans dire.

ROUTINE SPAGNOLA Ormai non si tratta più di casi isolati ma della routine. Che penalizza chiunque non sia Real o Barcellona. Lo scorso anno, lo scandalo seguito all’arbitraggio dell’ungherese Kassai, fece perdere la calma anche ad Ancelotti che parlò di «furto». Difficile dargli torto: Bayern eliminato con due gol di Ronaldo in fuorigioco, l’espulsione di Vidal esagerata più il rosso mancato a Casemiro. Alla lista, si aggiunge il Psg. Dietro la remuntada storica del Barcellona (da 0-4 a 6-1), ci si dimentica troppo in fretta che il tedesco Aytekin non sanzionò un rigore per i parigini, ne inventò uno a favore di Suarez e non espulse Pique. Rimedi? Uno, molto semplice: il Var, come si usa in Italia. Ma la Champions, lo rifiuta. E in prima fila, a favore del no, ci sono proprio Real e Barcellona.



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