Una partita che è stata un attraversamento del deserto, e senza nemmeno una borraccia d’acqua ad alleviare la sofferenza: alla fine la qualificazione alla fase a gironi di Champions è rimasta un miraggio. Una partita in cui Spalletti ha riproposto Nainggolan dietro all’unica punta Dzeko (con Salah e Perotti chiamati ad infiltrarsi tra Felipe e Marcano), ma nella quale il tecnico ha dovuto anche prendere atto del deficit psicologico di Paredes, nel giorno della sua investitura a leader del centrocampo del presente e del futuro. Una scelta che ha finito per condizionare non poco il match, lì dove i Porto ha mostrato invece di avere più soluzioni e qualità in fase propositiva.

FORZA DELLA NATURA – Proprio Nainggolan, schierato in posizione più avanzata nella gara d’andata a Oporto, stavolta è uscito subito allo scoperto, perché in una gara tremenda come quella di ieri all’Olimpico, più di uomini che di calciatori, senza sarti di qualità sulla trequarti (Francesco Totti), c’era davvero poco da nascondere. E allora ecco «Radja» il gladiatore dappertutto: con funzioni di disturbo su Danilo Pereira come all’andata, libero di calciare a rete sulla trequarti, di sbagliare anche un passaggio in orizzontale, di costringere al fallo da cartellino giallo Andrè Silva e di rincorrere perfino Telles in fase di ripiegamento in fondo all’ennesimo coast-to-coast della sua Partita, con la p maiuscola annessa. È stato il mediano, nel 4-2-3-1 iniziale, a tenere in pista dopo l’1-0 di Felipe l’auto giallorossa, il cui assetto prevedeva poi gli scatti da centometristi di Salah e Perotti a campo aperto. Il belga, il migliore dei suoi, ha tenuto accesa la fiammella della speranza con il suo oscillare tra le linee e col suo dinamismo per far ripartire l’azione. L’ultimo ad arrendersi.

CORTOCIRCUITO – Ma alla nota positiva della serata ha fatto da contraltare il grande tilt tra difesa e centrocampo, nei fazzoletti d’erba occupati da De Rossi e Paredes: stesso ruolo, un enorme divario di personalità. Col passare dei minuti i due si sono avvicinati fin troppo, generando equivoci e confusione. Timido, in difficoltà nel tenere a freno le emozioni, l’ex Boca ha nella migliore delle ipotesi rallentato il gioco, cedendo in altri frangenti direttamente il pallino della manovra al più esperto compagno, costretto in fin dei conti al doppio ruolo di difensore e architetto del centrocampo fino all’espulsione avvenuta lontano dalla sua zona di competenza.

DELUSIONE – Mossa non premiante, quella di Spalletti. A tal punto da indurlo a sostituire Paredes e a rimodulare una Roma con un 4-2-3 alla disperata, prima della seconda espulsione di Emerson che ha poi incenerito i sogni di Nainggolan e compagni. E così, sbilanciati, in perenne sofferenza sulle fasce, i giallorossi esausti hanno terminato il loro Camel Trophy nel peggiore dei modi: motore in fumo e tanti dubbi da fugare in fretta.

(Gazzetta dello Sport – A. D’Urso)



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