(Il Sole 24 Ore – D. Aquaro) Questo campionato di serie A è stato rubricato come la stagione del Var, il video assistant referee. Due anni fa era stato invece il turno della goal line technology. Aprendosi a nuovi strumenti, il pallone nazionale prova così a mettersi in pari con altre discipline (rugby, tennis,basket), dove la moviola in campo e l’uso di sensori sono rodati da tempo. Ma tra il semplice occhio di falco (hawkeye) e il temuto immaginario di un’arena calcata da soli robot c’è un mare di applicazioni tecnologiche che sta già cambiando il modo di fare e vivere lo sport. Dal campo agli spalti, dagli schermi al management, fino al giornalismo, la breccia più sofisticata e dirompente è quella dell’intelligenza artificiale (AI), che significa analisi dei big data, machine learning, deep learning, e che nell’industria sportiva può avere significativi impatti su alcuni importanti temi: misurazione delle prestazioni degli atleti o delle squadre, gestione della relazione con i fan e con gli sponsor. «Parliamo di soluzioni che autoapprendono, algoritmi capaci di elaborare molte più informazioni del cervello umano, e quindi di sostegno alle scelte delle società, nell’ottimizzazione degli investimenti e nella tutela degli asset patrimoniali che sono i giocatori, oltre il marchio» spiega Claudio Rorato, direttore dell’Osservatorio Innovazione digitale nell’industria dello sport, del Politecnico di Milano. A scanso di equivoci, la decisione finale (quali atleti acquistare, quando e come schierarli, eccetera) spetta sempre all’uomo. «Per questo l’AI non va vista come una minaccia alla professione di tecnici e dirigenti, ma come un supporto che contribuisce a migliorare la qualità e la velocità delle scelte. Nell’ambito del management – prosegue Rorato – è utile, per esempio, al coinvolgimento dei fan attraverso esperienze di “second screen” (smarthpone e tablet), nelle interazioni via social (sistemi di chatbot, si veda il Sole 24 Ore del 26 febbraio, ndr), e nella profilazione degli stessi tifosi, per aumentarne la fidelizzazione con servizi più mirati e per consentire agli sponsor investimenti più efficaci».
Performance e valutazioni – Ci sono poi i temi “caldi” della match-analysis e dello scouting. «Troverò il nuovo Totti grazie all’intelligenza artificiale», ha detto il presidente della Roma, James Pallotta, alla Sloan Sports Analytics Conference del Mit di Boston. La puntuale stima delle performance e la definizione dell’effettivo valore di un atleta sono ad esempio gli obiettivi di Wallabies, startup milanese nata nel 2016 e attiva de facto da circa un anno, che lavora su un database di oltre 30mila calciatori, provenienti da undici campionati (gli europei più quello argentino e brasiliano). «I dati sono acquistati da grandi gruppi internazionali», racconta uno dei tre fondatori, il commercialista Luigi Libroia. «Mentre le prestazioni di ogni calciatore vengono elaborate dagli algoritmi rispetto a 58o variabili, per 14mila “eventi” di gioco a partita, così da trovare gli atleti comparabili, il loro valore di mercato, il ranking, e arrivare a un’analisi predittivi delle performance future. In più, con l’aiuto di uno psicologo dello sport, ora stiamo mappando anche le caratteristiche psicoattitudinali». Alcuni grandi club di serie A, così come il Palermo per la sua battaglia in tribunale contro l’istanza di fallimento, si sono affidati a Wallabies per la valutazione delle rose. Ma la startup milanese – che si avvale del programma BizSpark Plus di Microsoft – promette di facilitare anche il lavoro dei talent scout in giro per il mondo. Per scovare magari il nuovo Cristiano Ronaldo. «Persino un nutrito staff di persone quante partite e quanti giocatori è in grado di vedere e analizzare realmente?», si chiede Libroia. Domanda retorica. Senza contare che i risultati degli algoritmi intelligenti di Wallabies potrebbero ben integrarsi coni servizi (complementari) offerti da Wyscout, piattaforma online del calcio internazionale, nata a Chiavari nel 2004 e ora punto di riferimento per le statistiche e i materiali video dei calciatori.
Metriche oggettive – Una dimostrazione scientifica della “conoscenza” che si può estrarre dai dati statistici (come quelli di Wyscout), arriva dall’ultimo paper-in attesa di pubblicazione – elaborato dall’«esploratorio» su Sport data analytics di SoBigData, l’infrastruttura di ricerca europea coordinata dall’hub pisano della data science. «Partendo dall’etichettatura degli eventi delle partite dei campionati europei di calcio negli ultimi quattro anni, abbiamo sviluppato delle metriche oggettive e trasparenti per la valutazione e Eventi di gioco. Sono le variabili tecniche (passaggi, tiri, contralti, eccetera) esaminate dalla startup Wallabies la comparabilità delle performance: un ranking verificato poi da osservatori professionali», dice il professor Dino Pedreschi dell’Università di Pisa, che ha partecipato allo studio insieme al collega Paolo Ferragina e ai ricercatori del Cnr Fosca Giannotti, Paolo Cintia, Luca Pappalardo. E mentre le macchine si esibiscono ormai nella produzione di articoli giornalistici “data-driven”, il gruppo pisano ha studiato anche i voti affibbiati ai calciatori da tre principali quotidiani sportivi italiani. Voti spesso influenzati da situazioni “di contesto” (ad esempio: quanto il risultato finale sia stato sorprendente rispetto alle attese). «Aggiungendo queste variabili – osserva Pedreschi – i giudizi del “cronista” artificiale diventano indistinguibili da quelli del “collega” in carne e ossa». Non è (solo) Fantacalcio.
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