Quando all’Olimpico esce Edin Dzeko, non si sente più un fischio. Solo applausi, ieri pure doppi, perché in campo al suo posto stava per entrare Francesco Totti, che da due minuti aspettava che il pallone finisse fuori, e come lui tutto lo stadio. Dzeko, Totti e Roma-Palermo, il 21 febbraio scorso una storia assurda: il bosniaco che sbaglia un gol a porta vuota, il simbolo della sua stagione; Totti escluso dai convocati la mattina della partita dopo l’intervista al Tg1 in cui chiedeva più rispetto; Palermo comunque travolto 5-0. Otto mesi sembrano una vita fa: otto, come i gol di Dzeko nelle prime nove giornate di questo campionato (più due assist), e otto come quelli che l’ex attaccante del City era riuscito a segnare in 31 partite della scorsa Serie A.

QUASI COME BATI – Una metamorfosi totale, sua e di tutto quello che gli sta intorno. Sui social, sempre più crudeli quando si tratta di criticare, sbeffeggiavano Dzeko anche perché il cognome ricorda «cieco»: il fotomontaggio del numero 9 con gli occhiali scuri e un cane ad accompagnarlo nei movimenti in campo era diventato virale, ma più di qualcuno se lo è salvato, e in questi giorni lo ha rispolverato. Ora, i detrattori di Dzeko e quelli che lo hanno sempre considerato l’erede di Batistuta sono sullo stesso carro. Edin e Gabriel potevano invece essere sullo stesso campo: ieri, prima di Roma-Palermo, c’era la cerimonia della Hall of Fame, a cui avrebbe dovuto partecipare anche l’argentino. Che invece non è potuto esserci: peccato, si sarebbe goduto un «quasi record». Nell’anno dello scudetto, Batistuta ebbe un impatto devastante sulla Roma: nove gol nelle prime otto giornate, diventati nove nelle prime nove perché a Perugia rimase a secco. Con il gol all’Udinese alla decima, diventarono dieci in dieci partite: Dzeko ha tempo 90 minuti, mercoledì a Reggio Emilia, per far sì che il paragone tra Batistuta e questa versione del bosniaco sia ancor più calzante.

ATTACCO SUPER – In quella Roma scudettata c’erano Totti con 16 anni in meno, Montella e Delvecchio. In questa c’è soprattutto Salah, che in campionato con Dzeko condivide un’equazione. Quando segnano, la Roma vince sempre. Con quella di ieri sera, è successo sei volte con il bosniaco (la terza di fila, dopo Inter e Napoli), cinque con l’egiziano. Tredici gol in due (e nove degli ultimi 13 di squadra), più della metà di quelli della Roma, che con 23 reti in 9 gare ha segnato almeno quattro volte in più di ogni squadra della A. Edin e Mohamed, entrambi musulmani, ma Spalletti a gennaio ne perderà solo uno: Salah andrà in Coppa d’Africa, a Dzeko il compito di continuare su questi ritmi. Può farlo, lo dice la sua carriera: otto gol il primo anno a Wolfsburg, 26 il secondo; due gol il primo (mezzo, arrivò a gennaio) anno a Manchester, 14 il secondo. Qui siamo pari, ma a fine stagione manca una vita.

(Gazzetta dello Sport – M. Calabresi)



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