Monchi

(Gazzetta dello Sport – A. Pugliese/D. Stoppini) Insieme fecero pure a botte con la polizia e tirarono una bottiglia d’acqua al pubblico dell’Heliodoro di Tenerife, perché l’espulsione del loro amico Maradona li aveva mandati fuori di testa. Centomila pesetas di multa e passa la paura. Monchi un capellone portiere di riserva, Simeone un tipo di 22 anni che, da bambino svezzato da Romeo Anconetani in quel di Pisa, a Siviglia cominciava a diventare uomo. Tre gennaio 1993, a Tenerife non si gioca solo una partita. È tanto di più. È la battaglia tra due filosofie di vita, altrimenti vallo a spiegare agli argentini che la divisione tra i menottisti e i bilardisti è un po’ come da noi parteggiare per Trapattoni o Sacchi. No, non è così. Quel Siviglia lì, con Monchi, Simeone e Maradona, è allenato proprio da Bilardo, l’uomo del viene prima il risultato dello spettacolo, pragmatismo e poi tutto il resto. Sulla panchina del Tenerife, invece, siede un altro argentino, Jorge Valdano, che del menottismo, cioè del bel gioco al primo posto, è un fiero rappresentante. La partita viene caricata a pallettoni nei giorni precedenti, Maradona non fa nulla per evitare le polemiche. In campo, naturale conseguenza, i colpi proibiti si sprecano. Nel Tenerife gioca pure un giovanissimo Redondo, nel Siviglia Maradona e «l’altro Diego», così veniva chiamato Simeone nelle prime settimane andaluse. Il secondo tempo diventa una caccia all’uomo. Maradona subisce un fallo durissimo a metà campo, si rialza e inveisce contro l’arbitro, che lo espelle. Apriti cielo. Mentre Diego esce, in campo e nei dintorni della panchina del Siviglia succede il finimondo. Entra la polizia, Simeone va a contatto con gli agenti, Monchi dalla panchina si fa prendere la mano e lancia in tribuna una bottiglietta d’acqua, lui che argentino non è ma con Simeone e Maradona aveva legato eccome, compagni di feste e di gioie in quel Siviglia. Finirà 3-0 per il Tenerife, pure con due rigori contro il Siviglia. «Ho visto ladri in guanti bianchi», raccontò Bilardo. Fu necessaria addirittura un’inchiesta del Ministero dell’Interno spagnolo. Risultato? Una multa ai due ex compagni che domani sera si ritroveranno da avversari all’Olimpico.

RAMON SU DIEGO – Uno in panchina, l’altro in tribuna. «A Siviglia lo chiamavano “l’altro Diego”, ma divenne presto Simeone – ha poi raccontato Monchi dell’attuale tecnico dell’Atletico Madrid – Aveva una testa superiore, una grande visione tattica del match. In campo dava indicazioni ai compagni già all’epoca. Non avrei immaginato per lui una carriera simile, ma a rileggerli ora quei segnali erano chiari. In campo aveva una dote enorme: esaltava i suoi pregi e riusciva a nascondere i difetti. In fondo, è la stessa cosa che riesce a fare oggi con le squadre che allena».

DIEGO ROMANO – Chissà se un giorno il Cholo siederà mai sulla panchina della Lazio. Simeone a Roma è essenzialmente due colori, il bianco e il celeste di una squadra con cui ha vinto uno scudetto, una Coppa Italia, una Supercoppa italiana e una europea. Simeone all’Olimpico è un rivale tra i più odiati dai tifosi della Roma. È uno sputo ricevuto dal brasiliano Zago in un derby, 21 novembre 1999. È un gestaccio verso la curva Sud con le parti nobili energicamente coinvolte, dopo un pareggio in extremis in un’altra stracittadina, 29 aprile 2001. Simeone a Roma è anche un gol triste, il 5 maggio 2002: Diego segna di testa alla sua Inter, abbracci e lacrime, dovere che non fa rima con piacere. Piacere per Diego, piacere per Monchi, che bello ritrovarsi. A Roma sarà la prima volta, in Spagna ce ne sono state altre 13: 7 vittorie per l’attuale tecnico dell’Atletico, 5 pareggi e solo una gioia per Monchi, storia di 11 mesi fa. È quasi un classico, un Superclasico. Chissà che cosa ne pensa Maradona



FOTO: Credits by Shutterstock.com

© RIPRODUZIONE RISERVATA

🚨SEGUICI IN DIRETTA🚨