Alisson

Dal 2011 a oggi, un solo nome: Bogdan Lobont. L’importanza di essere costante davanti a molte variabili. La porta della Roma è un cancello automatico: entra ed esci, il rumeno è la costante. Da Luis Enrique, prima ora americana, a Eusebio Di Francesco, i portieri non trovano pace. L’unico sempre verde, appunto, Lobont, che è ancora qui e lotta assieme a noi a 39 anni e mezzo (40 li compirà a gennaio). Morgan De Sanctis e Wojciech Szczesny i titolari più longevi, con il secondo mai di proprietà della Roma. Morgan arriva da Napoli in età avanzata (36), gioca due buone stagioni da guida della difesa e una la vive da secondo. Non poteva lui rappresentare la continuità negli anni. E così, cambi continui.

IN ORIGINE FU ORANGE – Si era partiti con le buone intenzioni ai tempi di Luis Enrique: Sabatini acquista il portiere della nazionale olandese, Maarten Stekelenburg (dopo aver corteggiato Kameni…). Un portierone, a detta degli esperti, ma l’olandese si perde subito, anche per la tremenda botta in testa rimediata da Lucio durante un’Inter-Roma di inizio campionato. Stek arriva ad agosto 2011 (esordio nell’amichevole del 12 a Valencia, 3-0: sostituisce Lobont nella ripresa e fa in tempo a prendere il terzo gol), mentre nel ritiro di Riscone Luis aveva a disposizione Lobont, Curci e il giovane Pigliacelli. Anno dopo, ecco Zdenek Zeman, che sui portieri ha sempre avuto idee particolari. La Roma tiene Stek e Zdenek chiede/pretende Mauro Goicoechea. Goicoechea, sì: uruguaiano sconosciuto ai più. Che poi lo tradirà con una paperona nella partita che ha sancito l’esonero del boemo, Roma-Cagliari. Goicoechea prende il posto di Stekelenburg nel secondo tempo di Parma-Roma (3-2) e diventa titolare, come voleva Zeman, che rompe definitivamente con l’olandese. In quella stagione, il boemo comincia la preparazione in Val Pusteria con Lobont, Stek e Svedkauskas. Andreazzoli poi (sostituto di Zeman) pian piano si libera di Stek e Goicoechea e punta sul vecchio Lobont, schierato pure nella finale di Coppa Italia contro la Lazio. Confusione all’inizio e confusione alla fine. Un’annataccia. Ciak, si ricomincia. Ecco Garcia, che vuole De Sanctis, esperto e caratteriale: due anni fatti bene per poi ricominciare dal via. Alle spalle ha Skorupski, mentre in ritiro a Riscone, prima del suo arrivo, c’è anche Julio Sergio (oltre a Lobont), agli sgoccioli in giallorosso (dopo un anno in prestito a Lecce). Il secondo anno di Garcia parte male con De Sanctis, reduce da un intervento al gomito. Rudi ogni tanto fa giocare Skorupski in nome del turnover. Il polacco cresce bene ma la Roma ci crede poco e lo gira l’anno dopo all’Empoli, chiamando Szczesny, che non trova spazio all’Arsenal. Il terzo anno De Sanctis lo guarda dalla panchina, in porta c’è il numero 1 dei Gunners. De Sanctis diventa il secondo (sei presenze totali, solo 4 in campionato), Lobont il terzo. Morgan, intanto, dopo un’annata al Monaco sta per rientrare a Trigoria ma come dirigente. Intanto la Roma, che parte la stagione con Spalletti (2016-2017) punta forte su Szczesny per volontà del tecnico, ma la società già ha acquistato Alisson (che ora sta pure per diventare comunitario). Lobont? C’è, è sempre il terzo. In ritiro a Pinzolo, con Lucio, non c’è ancora il polacco, e con il brasiliano e il rumeno viene testato Lorenzo Crisanto. Alisson è l’investimento che finisce in panchina, gioca solo le coppe (15 presenze in tutto), Szczesny è l’uomo di Lucio. E Lobont sempre il terzo. Quest’anno tocca a Alisson. Manca ancora un secondo vero, ma si sa già il nome del terzo: Lobont.

(Il Messaggero – A. Angeloni)



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