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Rassegna stampa

Da Zingaretti a Bova fino alla AS Roma: tutti alla corte di Palamara, Mr Wolf della Capitale

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Scorrendo le centinaia di chat del magistrato Luca Palamara, indagato per una presunta corruzione, l’impressione finale è che la Capitale sia afflitta da una malattia. Definita cent’anni fa da Sigmund Freud “coazione a ripetere”, quella tendenza incoercibile e «del tutto inconscia a porsi» dice la Treccani «in situazioni penose o dolorose, senza rendersi conto di averle attivamente determinate, né del fatto che si tratta della ripetizione di vecchie esperienze».

Palamara e il mondo di sopra e di sotto che lo cerca su WhatsApp è, in effetti, l’ennesima incarnazione del facilitatore nostrano. L’ennesimo Mr Wolf, stavolta vestito con la toga, che risolve problemi a colleghi, ministri, politici, attori e potenti assortiti. La riproposizione millenial dell’immortale “A Fra’ che te serve”, frase con cui il costruttore Gaetano Caltagirone negli anni ’70 rispondeva al telefono all’andreottiano Franco Evangelisti, sempre a caccia di piaceri e finanziamenti per la sua corrente.

Intrappolata nel Giorno della marmotta, dove tutto ricomincia daccapo tra P2, P3 P4 e la novella P5, Roma osserva con preoccupazione crescente il nuovo scandalo scoppiato un anno fa. Se a maggio 2019 le conversazioni tra il pm di Unicost e due deputati del Pd (Luca Lotti e Cosimo Ferri) in merito alle nomine dei capi delle procure più importanti d’Italia aveva terremotato il Csm, stavolta i messaggini rischiano di travolgere altri esponenti della magistratura, e imbarazzare importanti esponenti politici.

Al netto della rilevanza penale delle vicende che è tutta ancora da dimostrare (nessuno tranne Palamara risulta indagato), la vicenda mostra relazioni opache tra magistrati di correnti di destra e sinistra. È condita da incontri segreti e riservati, più richieste di prebende di ogni tipo, biglietti per lo Stadio compresi.

Un fiume di conversazioni che disegnano – come hanno scritto ieri tre giudici napoletane annunciando sdegnate la candidatura per le elezioni del Consiglio giudiziario – la degenerazione «sviluppatasi nella magistratura negli ultimi dieci anni, dove un sistema di potere, messe da parte idealità e impegno culturale, offre ai magistrati la sola miserabile prospettiva di costruire per sé e per gli amici una carriera fondata sullo scambio reciproco di favori, sul privilegio e la rendita di posizione, attraverso la creazione di un reticolo oscuro di rapporti interpersonali».

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Una Suburra mefitica, insomma. Ora, è noto che le chat (depositate qualche settimana fa dai giudici di Perugia) tra Palamara e i suoi interlocutori hanno già portato alle dimissioni del capo di gabinetto del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, e che ieri i vertici dell’Associazione nazionale magistrati abbiano deciso di fare un passo indietro dopo le ultime rivelazioni su inauditi e violenti scontri correntizi.

Meno conosciute, invece, sono altre relazioni pericolose del pm in forza alla procura di Roma, boss di Unicost e re indiscusso delle nomine, che ripropongono non solo il tema della riforma del Csm, ma anche quello dei rapporti tra politica e giudici, e tra giudici e imprenditori.

(…)

CUORE ROMANISTA

Il telefono di Palamara squilla a tutte le ore. E le chat su Facebook e WhatsApp sparano notifiche senza sosta. Si tratta soprattutto di colleghi che chiedono raccomandazioni, che implorano favori, che disegnano strategie per nomine e poltrone. Il Mr Wolf in toga promette a tutti, smista sollecitazioni, ammansisce chi protesta, vezzeggia coloro che possono essergli utili.

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Ma ogni tanto, oltre a quelli politici, balzano fuori a sorpresa rapporti extragiudiziali. Con vip e imprenditori. C’è la chat con l’attore Raul Bova, che nel 2017 – dopo essere stato condannato in primo grado a un anno e sei mesi per una presunta dichiarazione fraudolenta in materia fiscale – chiede a Palamara di «indagare su questa sentenza, un’ingiustizia senza precedenti. Tutti assolti tranne me…ti chiedo di verificare se ho meritato una condanna così dura. Così mirata. È stata considerata una manovra premeditata? Sono sotto choc» (Palamara s’affretta a dirgli che gli «farà sapere, ma devi reagire: non è perso nulla»).

C’è, soprattutto, il rapporto finora inedito con Mauro Baldissoni, direttore generale dell’AS Roma. Palamara è un tifoso sfegatato: conosce Claudio Ranieri e Luciano Spalletti, ma per vedere i campioni della sua Roma è a Baldissoni che chiede biglietti per l’Olimpico. Non solo per le partite casalinghe, ma anche per quelle in trasferta. Il do ut des è però sempre dietro l’angolo: quando la procura di Roma e il procuratore aggiunto Ielo aprono l’inchiesta su Luca Lanzalone e il costruttore Luca Parnasi e sulle presunte mazzette intorno al progetto del nuovo Stadio della Roma, Baldissoni (che sarà poi sentito come testimone) sa che può contare sull’amico.

Palamara, a marzo 2018, pensa però solo ad andare in tribuna.

Palamara: «Buongiorno Mauro scusami la seccatura ma ho promesso a mio figlio di portarlo a Barcellona e sto trovando difficoltà a reperire due biglietti. Attendo tue un caro saluto».

Qualche giorno dopo, si capisce dal tono del messaggio che il desiderio è stato probabilmente esaudito.

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Palamara: «Grazie Mauro è stato qualcosa di epico e di indimenticabile ed il fatto di esserci stati a Barcellona ha reso tutto ancora più bello un abbraccio a presto».

Baldissoni: «Grazie Luca».

Due giorni dopo, però, Palamara chiede un altro favore. Vuole andare pure in Inghilterra.

Palamara: «Buongiorno Mauro la seccatura te la chiedo nei limiti del possibile anche per Liverpool sempre con mio figlio grazie come sempre»

Baldissoni: «Non sarà facile Luca. Vediamo.

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Una settimana dopo, Palamara insiste: «Mauro scusami avevo provato a cercarti perché mi ha chiamato Luca (di chi si tratta? forse Lanzalone, ndr?) che mi ha detto che viene a vedere la partita a Liverpool e ci teneva ci fossi anche io. Non voglio metterti in difficoltà se c’è ancora possibilità aspetto un tuo riscontro io sono con mio figlio».

Non sappiamo se alla fine il pm sia riuscito a partire per godersi il “Never walk alone” e le sciarpate dell’Anfield, ma di sicuro due mesi dopo, il 13 giugno 2018 (giorno degli arresti di Parnasi e Lanzalone) è lui a chiedere informazioni al magistrato. Che lavora a pochi metri di distanza dagli inquirenti che hanno condotto l’inchiesta. Invece di dichiararsi indisponibile, il magistrato propone subito un incontro privato.

Baldissoni: «Luca, ma cosa è successo su Parnasi? C’è davvero sostanza?»

Palamara: «Buongiorno Mauro in giornata o anche domani ci vediamo per un caffè?»

Baldissoni: «Sono a Roma. Dimmi tu».

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Palamara: «Alle 11 caffè palazzo Montemartini saletta interna?»

Baldissoni: «Ok. Un po’ prima»

Il giorno dopo il dg della Roma manda un articolo di giornale che riporta le parole di Ielo, che sottolineano come l’AS Roma «è fuori da questa storia». Baldissoni, però, deve essere sentito come testimone.

Baldissoni: «Solo per ricordarti le parole di Ielo ieri. Noi non consideriamo viziato nessun atto».

Palamara: «Mauro lo vedo domani e ti dico».

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Baldissoni: «Ok. Spero di parlarci il prima possibile. Vorrei capire che dire a tutti gli investitori americani tra l’altro…

Forse Baldissoni vuol parlare con Ielo, o con i vertici della procura? Il giorno dopo, Baldissoni viene certamente ascoltato dagli uffici guidati al tempo da Giuseppe Pignatone. Solo come testimone.

Palamara: «È rimasto molto soddisfatto per oggi e di te».

Baldissoni: «Sono contento. Gli ho detto che resto a loro disposizione se gli serve qualche chiarimento. Con piacere. Anche informalmente».

Palamara: «Ok. Ci prendiamo caffè nei prossimi giorni».

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Nelle settimane e nei mesi successivi, i due amici si incontrano più volte. Probabile che Baldissoni sia preoccupato dagli sviluppo dell’inchiesta, e che il pm che gli chiede i biglietti possa essere un buon aggancio per avere informazioni di prima mano. È un fatto che Ielo, sentito dall’Espresso, neghi di aver mai dato a Palamara qualsiasi dettaglio sull’inchiesta, su Baldissoni o chiunque altro. «Palamara non lo sentivo né incontravo da mesi», ha detto.

Lo scandalo del Mr Wolf, che il suo collega Massimo Forciniti chiama amichevolmente “er cazzaro”, a un anno dalla pubblicazione delle prime carte della procura di Perugia non accenna a spegnersi. «Qui rischia di venire giù tutto, è davvero una Suburra», ripetono i magistrati che allibiti leggono chat e intercettazioni. Sarà. Ma in molti contano sulla coazione a ripetere che affligge tutto il Paese. Perché è statisticamente assai probabile che presto anche questo tsunami verrà dimenticato, che nulla cambierà, e che ricominceremo a indignarci di nuovo al prossimo scandalo.

(L’Espresso)

FOTO: Credits by Shutterstock.com

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