(Gazzetta dello Sport – C. Zucchelli) Titolare non lo è adesso e non lo era neppure un anno fa. Patrik Schick ha iniziato a giocare con continuità per 90’ la scorsa stagione negli ultimi due mesi, prima faceva la spola tra campo e panchina. Però, a questo punto della stagione, aveva già segnato 8 reti (con una media di poco superiore a un gol ogni 100’), mentre ora è fermo al solo centro – inutile – contro il Torino. E non serve neppure fare la media per capire come tra infortuni, sfortuna, errori suoi e di chi lo ha gestito, i primi sei mesi di Schick a Roma siano stati quasi un calvario.
FIDUCIA SÌ – Lo scorso anno aveva segnato due gol in tre partite di Coppa Italia (doppietta al Cagliari nell’unica disputata per 90’), mentre in campionato si era sbloccato ad ottobre con la Juve e poi aveva proseguito per la sua strada,segnando fino a febbraio altre 5 volte. Di queste, solo quella contro i bianconeri era arrivata partendo da titolare, le altre tutte da subentrato. Segno che il problema non era (e non è) nel giocare o meno dal via, ma piuttosto nella testa. Lo scorso anno Schick si sentiva importante, sapeva che allenatore, d.s. e presidente stravedevano per lui, sognava di approdare in una grande squadra e voleva l’Europeo U21 con la Repubblica Ceca.
FIDUCIA NO – Adesso Patrik ha gli occhi di chi ne ha passate troppe negli ultimi mesi. I problemi cardiaci, il mancato approdo alla Juventus, l’arrivo a Roma a fine estate, la fatica di ambientarsi, i problemi muscolari, i dubbi sul ruolo, e un costo del cartellino(42 milioni) che gli viene ricordato un giorno sì e l’altro pure. A Trigoria per ora è costato solo 5 milioni, mentre altri 9 andranno alla Samp a fine stagione. Prestito con obbligo di riscatto, la sensazione di sentirsi poco importante, nessuna dichiarazione dopo quelle di qualche mese fa, in cui diceva di sognare Real o United. In giro a Roma si vede poco, sta a casa con fidanzata e gatto, spesso lo vengono a trovare gli amici, perché sanno che ha bisogno di serenità e sicurezza. Di Francesco lo sprona, col Milan gli ha dato fiducia, ma la prestazione è stata da dimenticare.
CHI SI RIVEDE – Sabato probabilmente partirà di nuovo dalla panchina, contro quel Napoliche in estate ha provato a strapparlo alla Roma. Schick però non ha avuto dubbi, voleva andare a Trigoria perché Monchi e Totti lo avevano fatto sentire importante. Anzi, fondamentale. Sei mesi dopo, pagherebbe di tasca sua per tornare a sentirsi così. E chissà che in quello che poteva essere il suo stadio non riesca a sbloccarsi. In fondo, con la testa giusta, da riserva un anno fa faceva faville.
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