Cortei, ultrà, sicurezza, ordine pubblico: per Nicolò D’Angelo sono state le sfide da vincere. In una città come Roma con almeno una importante emergenza al giorno, non è stato un lavoro facile per il super poliziotto che arrestò a Caracas il boss Maurizio Abbatino, decretando così la fine della Banda della Magliana. Il Consiglio dei ministri lo ha nominato prefetto di Viterbo, e ieri ha tracciato il bilancio di questi anni a capo della questura di via di San Vitale.
L’altra battaglia combattuta è stata quella sportiva, con le curve e gli ultrà.
“Quando sono arrivato a Roma mi sono subito reso conto che era necessario riportare lo stadio in una cornice di legalità. La curva era ingestibile, regnava l’anarchia totale, e questo era sotto gli occhi di tutti. Nessuno di noi aveva alcuna capacità di intervento”.
Così sono arrivate le barriere.
«Ogni domenica assistevamo a comportamenti antisociali. E’ inutile nascondersi: la violenza nasce dalle curve, ed è sempre riconducibile ad ultrà refrattari alle regole. Non abbiamo invocato misure straordinarie, abbiamo soltanto applicato direttive che esistevano. Del resto, le curve sono già separate tra loro da scale d’accesso e da un muro basso. C’era chi scavalcava e non pagava il biglietto. Senza contare che fuori dallo stadio si verificavano scene da terzo mondo, con la viabilità paralizzata. Per questo abbiamo deciso di andare verso una regolamentazione della criticità. La proposta che ho portato in prefettura nasceva proprio dall’esigenza di poter godere di una partita senza la paura che potesse accadere chissà cosa, senza la tensione. E gli incidenti sono spariti».
(Il Messaggero – C. Mangani)
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