Daniele De Rossi

AS ROMA NEWS DE ROSSI MOURINHO – Dio mio, se ci sei lassù, quanto ti devi immortalmente annoiare! E se hai punito l’umanità quaggiù con una data di scadenza non sarà forse per la sua mortifera prevedibilità, il peccato più grande, la mela più acida? Coraggio. Se la noia è pornografica, il morso della risata ci salverà. E ieri si rideva come pazzi a sfogliare, a leggere, a udire e a sentir dire, scrive Giancarlo Dotto su La Gazzetta dello Sport.

L’avreste mai detto, ragazzi, che, al minimo mezzo passo falso, i fucilieri di Sir Mourinho avrebbero aperto il fuoco contro la Roma derossiana, non dopo essersi leccati i baffi della goduria più sfrenata? L’avreste mai detto che la tumultuosa marea dei vedovi, arretrata fino all’altro ieri in uno stizzoso silenzio, serbando rancori, cianfrusando acrobazie dialettiche e lucidando pallottole, uscisse così gioiosa allo scoperto per la serie “non mi par vero”, non solo vituperando la cilecca di Lecce ma profetizzando immancabili sciagure a ripetizione tra aprile e maggio?

Pasticciando tutto nel trash della sparatoria, il ricordo militante di Mourinho e le pernacchie per le oche stolte e giulive che si ostinano a immaginare che giocare a calcio possa aver a che fare con il bello oltre con l’utile. Spiegando che tanto clamore di punti del Pivello Abusivo in panchina era stata la conseguenza di un calendario troppo easy, chissà perché dimenticando che, Mou in panchina, la Roma aveva ciccato con Salernitana e Verona, strapazzata dal Genoa e schiaffeggiata a lungo dal Frosinone, penando assai con Monza, Lecce e Sassuolo, per non dire della Cremonese.

Detto che la Roma di Lecce è stata davvero povera cosa, detto che a un allenatore esordiente per quanto superdotato e predestinato si possa e si debba concedere il bonus di commettere qua e là qualche cazzata, dovuta anche, magari, alla voglia di strafare (peraltro quasi sempre raddrizzata tra il primo e il secondo tempo, tranne forse che a Lecce), davvero qualcuno pensava che questa Roma possa presentarsi in campo senza Dybala, Pellegrini, lo Smalling di ieri e lo Spinazzola di oggi ed essere la stessa?

La tribù dei Cuori Spezzati aspettava al varco. Quelli che si svegliavano la mattina felici non di avere Giuseppina nel letto ma José in panchina. E che, al contrario, la mattina seguente lo sfratto del loro dio da Trigoria non ce la facevano nemmeno a scendere dal letto per lo scoramento, amanti scotennati ed evirati, ostili a De Rossi in quanto usurpatore, in realtà esausti d’amore. Avendo amato furiosamente Mourinho non avevano più nulla da dare. È il potere dei leader settari svuotare le teste e i cuori dei loro adepti.

A Roma e ovunque l’Incantatore José aveva giocato la sua partita altrove. Ha dato spettacolo ovunque Mourinho, tranne che in campo. La sua Roma sfangava le sue battaglie oppressa dal sospetto di essere povera cosa e alimentata nella sua indole peggiore, il vittimismo. Era stato “The Guardian” il primo a raccontare Mourinho come il Donald Trump del pallone.

Il leader da idolatrare non ha mai la faccia e le parole di Daniele, uno che non si vergogna di firmare e mostrare in bianco la sua felicità di essere a Trigoria, ma l’irraggiungibile superbia di José alias Donald che trascina le sue folle adoranti nella guerra contro l’establishment. Non ti viene da genufletterti ai piedi di un ragazzo onesto che sprizza gioia dai pori e dalle vene, felice di sentirsi parte di un tutto, ma a qualcuno il cui carisma ti esclude per quanto ti seduce.

A qualcuno che ti dice, senza dirtelo: quanto sei fortunato tifoso romanista a ritrovarmi nella tua panchina. Daniele sa. Sa che verranno giorni difficili a Roma. È successo da giocatore, quando gli davano dell’alcolista e del complottista. Succede e succederà da allenatore. Lui è forte e chi tace è dalla sua parte.



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