Daniele De Rossi, che oggi festeggia i suoi 15 anni con la maglia della Roma, non è mai stato un tipo banale. E non lo fu nemmeno il suo esordio in giallorosso, il 30 ottobre 2001: in Champions League, allenatore Fabio Capello, contro l’Anderlecht (1-1) senza aver mai giocato prima in campionato. Il debutto in serie A arrivò parecchio più tardi: Como-Roma 2-0, il 25 gennaio 2003. Indimenticabile la prima da titolare, all’Olimpico: vittoria contro il Torino per 3-1 e primo gol (10 maggio 2003). Dal debutto contro i belgi a Empoli sono passati quindici anni pieni di cose: l’Europeo under 21 (gol nella finale contro la Serbia 3-0) e la medaglia di bronzo olimpica ad Atene nel 2004; il Mondiale vinto con l’Italia nel 2006 (segnò uno dei 5 rigori decisivi nella finale contro la Francia); 2 Coppe Italia (2007 e 2008); una Supercoppa italiana (2007). I numeri sono monumentali: 531 presenze con la Roma e 54 gol; 396 e 37 in serie A; 108 e 19 in nazionale (entrambi record per i giocatori della Roma). Ma c’è qualcosa che nessun numero può spiegare: la leadership in campo e fuori. Ultima dimostrazione: giovedì, alle 4 di notte, di ritorno dalla trasferta vinta contro il Sassuolo, è andato a Villa Stuart per rincuorare Alessandro Florenzi ricoverato dopo il grave infortunio (rottura del legamento crociato del ginocchio sinistro).

Il contratto con la Roma scadrà il 30 giugno 2017. Un contratto (6,5 milioni netti a stagione) che gli è stato rinfacciato anche da molti tifosi della Roma. Un giocatore così, a parametro zero, fa gola a tanti. Di sicuro negli States, ma si parla anche di un corteggiamento della Juve, partito proprio dai compagni di De Rossi in nazionale. Daniele ha fatto capire, con la solita educazione, che non è una strada praticabile. La sua volontà è restare alla Roma, sempre che la Roma sia della stessa idea. La stagione era partita male, con l’espulsione contro il Porto, nel tracollo che è costato la partecipazione alla Champions League, seguita da tantissime critiche e da una punizione a tempo: niente fascia di capitano per tre giornate (quelle della squalifica). Poi la risalita, perché De Rossi ha sempre pagato fino in fondo i propri errori, non si è mai lamentato ed è ripartito. L’intenzione è chiudere in bellezza. In un’intervista rilasciata tempo fa proprio al «Corriere della Sera», De Rossi ha svelato al mondo il suo cuore ultrà: «La vittoria nel Mondiale resta indimenticabile, ma io non nasco tifoso della nazionale. Nasco tifoso della Roma e da bambino sognavo lo scudetto». Vincerlo a quasi 34 anni non avrebbe prezzo. Vincerlo e restare alla Roma sarebbe davvero per sempre.

(Corriere della Sera – L. Valdiserri)



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