Daniele De Rossi, centrocampista della Roma

Da avversari si sono incrociati già il 21 settembre del 2014, quando Zeman sedeva sulla panchina del Cagliari. All’epoca non si ebbe notizia di strette dimano distensive. E forse, considerando i caratteri del boemo e di De Rossi, attenderselo era ed è tuttora sbagliato.

Quello tra il tecnico e Daniele è un rapporto mai nato. Spigoloso sin dall’inizio. Per il boemo il nazionale azzurro era un interno destro e non un regista: valutazione che il calciatore ha vissuto come una diminutio. Anche perché, la diplomazia ha sempre fatto difetto al boemo: «Per me nel ruolo è meglio Tachtsidis. Ma anche Bradley fa meglio di De Rossi come centrale» (ottobre 2012). Una sentenza arrivata dopo la panchina con l’Atalanta e le successive accuse (per lui ed Osvaldo) di scarso impegno: «Le gerarchie precedenti non contano, non basta chiamarsi in un certo modo. Conta l’allenamento e vorrei che tutti pensassero più alla squadra che ai fatti propri».

Va dato atto a De Rossi che quando negli anni successivi ha potuto prendersi qualche rivincita, ha sempre preferito glissare: «Non lo ricordo come un momento piacevole della mia carriera. Alcune cose che ha detto su di me non erano vere ma non ho nessun sassolino dalla scarpa da togliermi». Zeman, invece, qualcuno ha preferito toglierselo: «Io non l’homai sofferto, è forse lui ad aver sofferto me». Binari paralleli, impossibile trovare un punto di contatto. Non accadrà nemmeno lunedì.

(Il Messaggero – S. Carina)



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