“So che Francesco ha un accordo col club per diventare dirigente dopo questo suo ultimo anno da calciatore”. E ti puoi chiamare Ramón Rodriguez Verdejo, detto Monchi. E puoi essere un ex portero del Siviglia, come un barbero di Siviglia. E può essere il tuo primo giorno da direttore sportivo della Roma. Però certe cose, bada a come le dici. Scegli bene le parole, oppure avvisa prima, grida “timbeeeeeerrr!!!” come i boscaioli delle Montagne Rocciose. Perché hai appena detto che Totti si ritira. Totti. Francesco Totti. L’ultimo re di Roma, l’ultima bandiera del calcio. Il Dieci che fu Pupone, ma da tempo s’è uomo fatto. E non diremo niente del calciatore, del genio coi piedi, di tutte quelle cose di cui parleranno, e meglio, altri. Diremo questo, senza citare le barzellette e la pubblicità. Diremo che nel magico e multiforme ingegno di Francesco Totti c’è anche questa cosa, che lo toglie dalle transeunti glorie e dai sempiterni dolori del pallone: è un uomo intelligente, e sorprendente ironico. E questo, nel calcio, nel calcio italiano, non capita quasi mai. E vale un Pallone d’oro. E diremo poi, del Capitano che s’è presa sulle spalle non la squadra ma la città, e voleva fortemente e Olimpiadi, e voleva e fortemente ha voluto lo stadio, lo stadio della Roma, che è la miglior riserva (absit iniuria verbis) contro l’antipolitica di cui Roma disponga. Se vi pare poco. Dovrebbero dedicarglielo subito, lo stadio. Come a un Meazza ma da vivo. Stasera si gioca al Francesco Totti. E per una volta, viva (la) Roma.
(Il Foglio – M. Crippa)
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