La gestazione è finalmente finita, da ieri Eusebio Di Francesco è ufficialmente l’allenatore della Roma per le prossime due stagioni, fino al 2019. Toccherà a lui far dimenticare subito Luciano Spalletti e provare a dare l’assalto a ciò che storicamente manca alla proprietà americana dall’inizio di questa sua avventura, la vittoria. Ieri Di Francesco è arrivato a Trigoria verso le ore 16.45 e ne è uscito poco dopo le 20. In mezzo la visita al centro Fulvio Bernardini, profondamente rinnovato dall’ultima volta che ci aveva messo piede, nel 2006. E poi la firma del contratto biennale (a 1,5 milioni a stagione), le prime strategie (su logistica e mercato) con il d.s. Monchi, gli abbracci intensi a quei dipendenti che già conosceva e che si è ritrovato ancora lì e quel tuffo al cuore, con la foto di rito con Di Biagio e Tommasi, per andare a ricomporre il trio di centrocampo della Roma di Zeman, quella che dal 1997 al 199 regalò spettacolo un po’ ovunque. Un po’ quello che gli piacerebbe riproporre ora che è tornato per il suo terzo angolo di storia giallorossa, dopo quello da calciatore prima e da team manager poi. «Il desiderio è di fare qualcosa di importante con una squadra che faccia divertire e che prediliga attaccare – le sue prime parole da allenatore giallorosso – Sono molto felice di essere di nuovo alla Roma, è un po’ come tornare a casa dopo tanti anni. Metterò tutto il mio impegno per far sì che questa squadra ottenga i risultati che merita».
LA GIORNATA – Ad aspettarlo, all’inizio, una decina di tifosi, aumentati poi man mano che il tempo passava. Tempo in cui Di Francesco ha preso visione dei campi, delle palestre e delle strutture per il media center e per il recupero degli infortunati. Poi le prime impressioni alla tv di casa, in attesa della conferenza stampa di presentazione di oggi, alle ore 14. «È stato emozionante rivedere tante persone che già c’erano e tanta gente nuova, che mi ha accolto con affetto – ha detto ancora Eusebio, a cena in serata con la dirigenza e Pietro Chiodi in un ristorante del centro –. Ho visto una grande innovazione e tanta voglia di diventare grandi. La società sta facendo le cose per arrivare al top a livello europeo. Il progetto? Parte prima di tutto dagli uomini. La prima cosa che mi ha detto Monchi è stata di parlare di calcio, il che mi ha aperto il cuore, perché mi piace tantissimo e ritengo che lui abbia grande competenza a livello europeo. Questo mi sarà di grande aiuto per la mia crescita professionale». Infine un accenno alla filosofia tattica: «Ho giocato quasi sempre con il 4-3-3. Prediligo la difesa a 4 e se a volte ho giocato a 3 è stato solo per necessità. Per crescere ogni allenatore deve trasmettere qualcosa, una filosofia. La difesa a 4 per me è la base. Ed ai tifosi dico che punto a creare grande entusiasmo intorno alla squadra e loro, in questo, saranno fondamentali».
I SALUTI – Poco prima era arrivato anche il benvenuto di James Pallotta: «Volevamo qualcuno che potesse tirare fuori il meglio dai nostri calciatori e aiutare a valorizzare i talenti del nostro settore giovanile. Monchi ha scelto Eusebio, è la decisione giusta per la Roma». E il commiato del Sassuolo, dove Di Francesco ha fatto cose straordinarie: «Sono stati 5 anni indimenticabili, tra vittorie memorabili e sogni realizzati. Ogni altra parola sarebbe superflua. Grazie Eusebio, ti auguriamo un futuro ricco di successi e soddisfazioni. Sei uno di noi, sempre!». Parole che hanno strappato anche qualche piccola lacrima. Ieri si poteva, da oggi non ci sarà più spazio neanche per quelle. Solo per il lavoro e per la ricerca della casa. La sua è affittata, ma questo non sarà certo un problema.
(Gazzetta dello Sport – A. Pugliese)
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