Eusebio Di Francesco

(Gazzetta dello Sport – M. Cecchini/A. Pugliese) In un calcio in cui i Palloni d’oro vanno solo agli attaccanti (Jascin, Beckenbauer, Sammer e Cannavaro paiono incidenti della storia), rivedere ai vertici della classifica di Serie A tre squadre su quattro con la migliore difesa (10 gol al passivo per Inter, Napoli e Roma, quest’ultima con un partita in meno) non fa soffrire di nostalgia. Per le nostre abitudini, è come incontrare persone che dicano «per favore» o sappiano usare il congiuntivo. Insomma, drogati come siamo dalle urla dei telecronisti, apparentemente un mondo un po’ «retro».

PORTE INVIOLATE – Per questo la squadra giallorossa ostenta come un fiore all’occhiello un dato non banale: su 20 partite stagionali fin qui disputare, in 10 non ha subito reti. Un 50% confermato sia in campionato (7 su 14) che in Champions League (3 su 6). Se a questo si aggiunge che – rigori a parte – la Roma (come l’Inter) non ha subito neppure un gol nato da palla inattiva e nemmeno una rete è venuta da tiro da fuori area, si capisce come la fase difensiva non sia affatto improvvisata, ma frutto del gran lavoro di Eusebio Di Francesco. Un perfezionista come l’allenatore abruzzese però – dopo aver apprezzato che la sua squadra è quella che in Serie A in media subisce il primo gol della partita più tardi (55′) – storcerebbe di sicuro il naso per il fatto che ha però subito il 60% delle reti nell’ultima mezz’ora di partita (6 su 10), in percentuale un record negativo del campionato, anche se tutto sommato abbastanza indolore..

SIRENE E RINNOVO – Come sorprendersi, perciò, che su Di Francesco abbiano messo gli occhi già alcuni club di Premier League? Non troveranno però terreno fertile, perché l’allenatore a Roma sta benissimo e la società a primavera è pronta ad allungare un contratto in scadenza nel 2019. Non è un caso, allora, che il protagonista dica a RomaRadio: «Non mi piace guardare indietro a quello che è stato. Guardo sempre avanti. I miei concetti sono entrati presto nelle teste dei calciatori. Anche a Trigoria tutti mi guardano con il sorriso e spero che questo non cambi con qualche risultato negativo. A volte anche una sconfitta può essere salutare, in certi contesti può farti svoltare, come è successo a noi contro il Napoli. Certo, senza ipocrisia, l’allenatore sa qual è la formazione tipo e quali sono i calciatori più avanti nelle gerarchie, però in tutti c’è un percorso. Abbiamo fatto una scelta precisa: avere due titolari per ruolo, anche con caratteristiche diverse tra loro. Non metto troppi giocatori nuovi tutti insieme. Devo valutare diversi aspetti, compreso il carattere dei calciatori e le loro capacità di leadership. La sconfitta di Vigo in precampionato ne è stata un esempio: era troppo presto per mettere in campo tutti quei calciatori nuovi e io sono stato massacrato, ma era un momento particolare. Sono stato giudicato forse troppo presto».

EMERSON E KOLAROV – Forse anche alcuni dei suoi difensori, adesso invece osannati. Pensiamo a due freschi di rinnovo come Fazio e Manolas (ieri all’inaugurazione di un Roma Store), oppure a Kolarov, prima mal giudicato da alcuni tifosi per il suo passato laziale e ora così efficace da entrare nella «Top 11» della Uefa stilata dopo la prima fase di Champions League. Adesso però è possibile che domenica contro il Chievo il serbo dia spazio ad Emerson, che così tornerebbe titolare dopo l’infortunio occorsogli il 28 maggio scorso. Occhio però perché, sistemata la difesa, Di Francesco ha già in mente come migliorare la Roma. «Occorre crescere nella ricerca della verticalità. Dobbiamo forzare di più le giocate. Potevamo fare qualche gol in più, perché ce li abbiamo nelle nostre corde». Proprio vero. Tanto dietro non si passa.



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