(Il Messaggero – A. Angeloni) E’ bello carico Di Francesco quando si presenta in sala stampa dopo aver preso cinque sberle dal Liverpool. Carico e anche un po’ incavolato perché sa che l’argomento principe sarà il modulo: a 3, a 4, meglio con 3, meglio con 4, o forse meglio ancora a 5. Numeri, solo numeri e in una partita in cui ne prendi cinque, sarà un paradosso, ma parlare di numeri stona. Stoppa tutti, Eusebio. «Se giochi con poca intensità, non conta se difendi con tre o con quattro calciatori. Mi dispiace che ad un certo punto, la squadra si è spaventata e non è riuscita a reagire. Abbiamo perso un po’ le distanze e il coraggio».
L’INIZIO – Eppure tutto era cominciato per il meglio, la Roma stoppava bene la velocità del Liverpool e poi, l’inesorabile crollo. «Non paragoniamo questa gara a quella con il Barcellona. Siamo partiti bene, ma se poi perdiamo tanti duelli difensivi, su alcune palle facilmente leggibili perdiamo un po’ la testa e la capacità di rimanere in gara. Tutto è diventato complicato. I sistemi di gioco non contano quando perdi contrasti e palloni. Ben venga questa reazione nel finale, ci deve servire per il ritorno». Il risultato è migliore di quello ottenuto a Barcellona, anche se le imprese di rimonta non riescono sempre. «Ma noi ci dobbiamo credere comunque. Nel calcio tutto è possibile. Deve esserci il desiderio di ribaltare il risultato. E ci credo totalmente. Non bisogna buttarsi giù in certi momenti della gara, la squadra ha perso troppo la capacità di restare in partita ad Anfield. Ci siamo troppo disuniti. Mi auguro di vedere ben altra determinazione al ritorno. Roma in semifinale non c’è mai stata e abbiamo la possibilità di fare un capolavoro. Possiamo farlo e già l’abbiamo dimostrato. Dobbiamo provare a ripeterci».
CAMBI TARDIVI – Non sarà una questione tattica, ma come dice Eusebio di duelli e di situazioni leggibili non lette, ma il dato temporale dice che, con il ritorno al 4-3-3, i giallorossi si sono prodotti in una reazione che ha portato alle due reti di Dzeko e Perotti, gli squilli della speranza. «Ci si poteva pensare prima? Si poteva a fare tutto meglio prima, ed io sono il primo responsabile. Giusto prendersi le colpe, però adesso vogliamo viverla con l’entusiasmo di cercare di fare qualcosa in più, senza avere paura di prendere gol. Ripartiamo dai venti minuti iniziali, nei quali siamo stati compatti, e i dieci finali, nei quali ho visto una bella reazione. Poi obiettivamente abbiamo dato una mano a loro con i nostri errori, abbiamo fatto poco bene i compiti generali». Il ritorno sarà un’altra storia. Quella decisiva.
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