Eusebio Di Francesco

(Corriere della Sera – L. Valdiserri) Il crollo verticale della Roma spallettiana nel marzo 2017– sconfitte con Lazio, Napoli e Olympique Lione in dieci giorni – è stato a lungo esaminato dai dirigenti giallorossi alla fine della scorsa stagione. Troppi giocatori arrivati «cotti» al momento decisivo, pochissime energie da mettere in campo quando le partiteerano decisive. Un particolare che ha avuto la sua importanza nella scelta dell’erede di Spalletti, passato sulla sponda interista portandosi dietro anche il megafono con cui urlava «Forza Roma!» a Trigoria. Di Francesco, tra le altre, aveva la qualità di credere nel turnover, infilando nelle rotazioni anche i giovani. L’allenatore abruzzese, fin dal primo giorno alla Roma, ha ribadito l’importanza di avere una squadra sempre al top della forma fisica per poter sviluppare il suo gioco, fatto di corsa, raddoppi, sovrapposizioni, pressing alto e aggressività nel campo avversario. La campagna acquisti/cessioni di quest’estate ha indebolito la squadra titolare: Ruediger e soprattutto Salah (21 gol stagionali nel Liverpool, tutta la Roma ne ha segnati 40 nelle tre competizioni in cui è impegnata) non hanno avuto sostituti all’altezza. Dove la Roma credeva di essersi rafforzata, però, era nel numero dei giocatori a disposizione: una vera «doppia squadra» per permettere continue rotazioni che Di Francesco, almeno nei primi mesi, non ha lesinato.

Infortuni, ritardi nel recupero dai k.o., scadimenti di forma e limiti oggettivi di parecchi giocatori scelti da Monchi e dal tecnico hanno però presentato il conto. Karsdorp ha giocato la sua prima e unica gara in campionato il 25 ottobre, Moreno il 28, Defrel il 26 novembre, Emerson il 1 dicembre, Gerson il 10. Il conto dei minuti giocati va di pari passo: Emerson 16, Karsdorp 81, Moreno 230, Defrel 281, Schick 335, Gerson 339 e Cengiz Under 346. Castan, Nura e Luca Pellegrini non sono mai stati utilizzati. Di Francesco pensava di poter pescare tra 20 giocatori, tutti di buon livello. Si è trovato, invece, una rosa ridotta a 15/16. In alcuni ha sembra aver perso la fiducia, altri hanno dimostrato di non essere pronti per il campionato. In 13 hanno giocato più di 800 minuti, ne serviva almeno un altro paio (come alla Juve). A Trigoria si è battuto sulla mancanza di mentalità vincente. L’Atalanta ha messo a nudo, invece, una Roma lunga in campo e in ritardo sui palloni contesi. La speranza è che la sosta abbia fatto bene. La Roma ha dimostrato di saper giocare meglio dell’Inter: è da lì che deve ripartire.



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