Nulla da fare, la «sua» Roma, Eusebio Di Francesco non riesce a batterla. In archivio va anche l’ottavo tentativo, né rileva che il sogno di aggiungere alla cintura lo scalpo di un’altra big, il tecnico del Sassuolo, lo abbia cullato per due terzi di match. «Fin lì avevamo fatto la gara che avevamo preparato: il cambio di modulo mi ha dato le risposte che volevo, ma alla lunga sono uscite le qualità dei nostri avversari e siamo, inevitabilmente, calati noi». Troppe e troppo importanti le assenze, troppo acerbo un Sassuolo la cui prestazione ha comunque soddisfatto quel Di Francesco che non ha difficoltà a spiegare né dove, né quando è cambiata la gara. «Il rigore ha spostato l’inerzia del match definitivamente su giallorossi: già la Roma è forte, se in più le regali qualcosa…». Vuole la citazione che «quando un uomo con la pistola incontra un uomo con il fucile, l’uomo con la pistola è un uomo morto». Ed il primo, in questo caso, è Pol Lirola: è una sua ingenuità che fa strada alla Roma, è lì che, dice Di Francesco «abbiamo pagato carissimo un errore di gioventù. Ma gli errori fanno crescere e io resto sereno: andatevi a vedere l’anno di nascita dello stesso Lirola, di Adjapong, di Pellegrini e Mazzitelli…». Il Di Francesco che ha tenuto in scacco la Roma per un’ora («il rigore è arrivato quando cominciavamo a subire qualcosa, ma eravamo sostanzialmente in controllo») dovrà ripartire comunque da loro.
(Gazzetta dello Sport – S. Fogliani)
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