Eusebio Di Francesco

(Gazzetta dello Sport – A. Pugliese) Alla fine le scelte sono state proprio come previsto, con alcuni senatori (De Rossi, Florenzi e Dzeko) in panchina e Pellegrini, Peres e Schick ad avere un’occasione in più. La sua Roma, quella di Di Francesco, non ha trovato però neanche così il cambio di passo, prendendo un altro schiaffone dopo quello di Champions a Kharkiv. E la quinta sconfitta casalinga in campionato (sesta complessiva) fa molto più male delle altre, perché riporta la Roma fuori dalla zona Champions e le mette addosso una paura grande verso la trasferta durissima di sabato a Napoli. «Questa sconfitta è un campanello d’allarme, non possiamo essere contenti né del risultato né dell’andatura del campionato – dice il tecnico giallorosso – In questo momento non stiamo dimostrando di essere una grande squadra, da ora in poi non possiamo più permetterci passi falsi come questi».

DUE ANIME – Il problema, anche questa volta, sono state le due anime e i due volti della Roma. Discreta nel primo tempo, assente nella ripresa. «Nel primo tempo la squadra ha fatto una buona gara, non concedendo niente al Milan, anche se non con la qualità giusta nell’ultima giocata, nell’ultimo passaggio – continua Di Francesco –. Loro erano ordinati, noi qualche azione pericolosa l’abbiamo creata, anche se con poca convinzione. Nel secondo tempo, invece, dopo il primo gol siamo svaniti, ci siamo allungati, non siamo stati più squadra. La cosa mi meraviglia e mi dispiace, non mi piace vedere Perotti che porta palla per tutto il campo per risolverla da solo nell’uno contro uno. La partita l’ha decisa un episodio, che ci ha cambiato la dinamica della gara e ci ha tolto certezze. La cosa brutta, però, è che quella giocata di Suso la conoscevamo, l’avevamo preparata. Così come sapevamo che Cutrone non è un attaccante tecnicamente forte, ma che sa attaccare bene lo spazio. E lì Manolas doveva difendere meglio».

IN DISCUSSIONE – Ed allora c’è da capire se la questione è legata ad una mancanza di personalità o ad un calo fisico. «Sul calo fisico non sono d’accordo, anche se nel secondo tempo questa impressione l’ho avuta anche io. Da questa partita, poi, si capisce anche che abbiamo un difetto di personalità. Cercherò da ora in poi atteggiamenti diversi dai miei giocatori». Anche perché alla fine in discussione ci finisce inevitabilmente anche lui: «Mi sento ovviamente il primo responsabile di questa situazione. Quando si fa questo lavoro, poi, si è sempre in discussione, fin dall’inizio. E quando i risultati sono questi ci si deve porre per forza delle domande. Ed è ovvio, quindi, che mi senta in discussione anche io».

I SINGOLI – Così come in discussione ci sono finiti i senatori ma non solo. Nainggolan, per esempio, ha lasciato il campo in largo anticipo. «Non è il miglior momento di Radja, è evidente. Ma aveva preso una brutta botta, perso un dente, gli girava un po’ la testa. L’ho tolto perché avevo bisogno di dare una scossa alla squadra con un uomo in più davanti. Ma noi abbiamo bisogno di lui, è uno che può decidere le partite». Come, invece, sperava che a decidere fosse Schick: «Patrik si è aperto un po’ troppo, ha lavorato poco vicino ai loro due centrali difensivi. Qualche buona giocata l’ha fatta, ma senza determinare molto.Dovevamo dare un po’ di riposo mentale e fisico a Dzeko, che aveva giocato tanto. E con Schick volevo più inventiva e profondità, cosa che è successa poco rispetto a quello che mi aspettavo. Ma non è una bocciatura per Schick, è tutta la squadra che è andata calando nella ripresa».



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