Eusebio Di Francesco

(Il Messaggero – U. Trani) «In questo momento ci vuole coraggio e non paura, a Roma certe cose bisogna affrontarle». A cominciare dallo scontro diretto di domenica sera a San Siro: Di Francesco, almeno a sentirlo parlare durante il 10° seminario tecnico-formativo per giornalisti sportivi organizzato dall’Ussi all’Acqua Acetosa («Il Calcio e chi lo racconta»), non arretra davanti all’Inter di Spalletti. Cioè resta se stesso. Tosto e diretto quando c’è da inviare il messaggio alla piazza e allo spogliatoio. Responsabile e coinvolto perché sa che spetta solo a lui riportare in corsa, almeno per la zona Champions, la Roma dopo la preoccupante frenata, appena 1 punto in 3 gare di campionato. Ma non si rivolge alla platea solo da uomo di campo, convinto che il black out giallorosso sia più mentaleche tattico.

ASPETTO MENTALE A Milano lo aspetta una sfida da dentro o fuori. Ecco perché Eusebio vuole che la squadra non sia vulnerabile nel pensiero come è successo ultimamente: «A Roma devi entrare nella testa dei calciatori. Io non faccio compromessi, esiste la capacità di farsi conoscere e saper trasmettere». E’ disponibile, dunque. Ma pure categorico: «Se non recepiscono peggio per loro e stanno fuori. Non si può scendere a compromessi perché perdi la tua forza all’interno del gruppo. Sacchi è stato un fenomeno. E ha sempre parlato di orchestra. Nessuno deve andare per conto suo». Spiega: «Nel mio lavoro c’è anche la gestione. Questo è un periodo in cui tu lavori tatticamente ma il cambiamento deve essere nella testa. Il calciatore è fatto di tre qualità: fisiche, tecniche e psicologiche. Alleniamo grandi giocatorima con una grande fragilità psicologica».

CHIARIMENTO ALLA LAVAGNA «La mia squadra difende 4-5-1, quando attacca magari 4-1-5 o 4-6>». E’ la Roma aggressiva ed equilibrata di Di Francesco, almeno quella che ha funzionato fino a metà a novembre. E che spera di rivedere a San Siro contro l’ex Spalletti. Userà gli esterni, per rivegliare dal letargo l’8° attacco della serie A. Ieri in allenamento ha alzato a destra Nainggolan nel tridente (come contro il Torino in campionato), con Dzeko ed El Shaarawy. E, a rileggere il suo intervento in pubblico, è facile comprendere come intende utilizzarlo: «Io il trequartista ce l’ho, perché i miei esterni devono venire a giocare dentro e diventano trequartista di destra e trequartista di sinistra». Chiamando in causa l’ex compagno Di Biagio, conferma di non aver mai negato una conclusione da fuori ai suoi calciatori: «A Zeman non piaceva come soluzione, ma quando Gigi la piazzava sotto il sette era felice… Nainggolan l’anno scorso come tirava la metteva sotto l’incrocio quest’anno nonce la fa. Se, invece, a Gonalons dico di calciare da fuori, lo ammazzo. Nainggolan noi lo alleniamo al tiro perché sa come andarci». Sui solisti è chiaro: «Se Perotti prende e dribbla a 25/30 metri dalla porta va bene, a 80metri non serve». Nel 4-3-3 il regista «deve garantire l’equilibrio». La difesa a zona sulle palle inattive, però, proprio non lo convince. «Non so se la rifarò». Usa l’Atalanta per tirare le somme sulle caratteristiche dei giocatori per stare ad alti livelli: «Fondamentale nel calcio moderno, e ancor di più in Europa, è la fisicità».

RUMORS INDIGESTI «La differenza tra Sassuolo e Roma è nell’ambiente. Qui è più stressante». Eusebio non glissa sull’attualità: «Quando c’è il mercato può capitare che un calciatore non sia indicato per scendere in campo. E va aiutato ancora di più. Qualche esempio si può fare anche con i giocatori attuali. In questa situazione vanno supportati. Hanno valori, ma vivono un momento di grande difficoltà».



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