(Il Messaggero – M. Ferretti) Maxi turnover? Macché. Di più, molto di più. Otto (otto!) cambi rispetto alla partita con il Crotone. Questo vuol dire che Eusebio Di Francesco, tra l’impegno di mercoledì e quello di ieri sera alle pendici di Monte Mario, ha cambiato quattordici giocatori, addirittura venti considerando anche il Torino post Londra (6 + 6 + 8). Tanti? Troppi? La risposta vera la dà (sempre) soltanto il risultato finale, positivo contro il Chelsea e anche contro la squadra calabrese. Ma, sinceramente, chi non ha avvertito un filo di apprensione, al di là di ogni considerazione, prima del fischio d’avvio di Fabbri? Perché modificare l’80% degli uomini in movimento può dare origine a tante cose, e a rischi di ogni genere. I “No Turn”, ad esempio, sostengono che modificando sempre la formazione non si dà la possibilità ad una squadra di avere un filo tecnico-tattico logico e costante. Cioè, una squadra che cambia in continuazione non avrà mai una struttura compiuta e giocatori in condizione ottimale, “perché per entrare in forma occorre giocare con continuità”, recita un vecchio adagio. I “Sì Turn”, invece, non hanno dubbi: cambiando in continuazione, tutti gli uomini della rosa si sentono coinvolti e, giocando ad intervalli regolari, non corrono mai il rischio di cedere alla stanchezza.
TRE RETI, NOVE PUNTI – Opinioni, verità di parte, chiacchiere. Poi, come detto, conta solo quello che si vede sul campo. La prestazione, ad esempio; il rendimento complessivo, magari al di là del risultato. Pur cambiando otto uomini, Di Francesco è riuscito a portare a casa altri tre punti, infilando la terza vittoria di fila per uno a zero. Questo, quindi, vuol dire che cambiare si può, e che non fa male. Gli inadeguati che avevano etichettato Eusebio come un inadeguato dovranno forzatamente rivedere le loro tesi. S’era detto (e scritto) che il tecnico della Roma era un integralista, uno che non cambiava mai uomini e sistema di gioco, ma la realtà delle prime dieci partite di campionato della Roma sta dimostrando tutta un’altra cosa. Con una tenuta difensiva (tre reti all’attivo, nove punti nelle ultime tre giornate) lontanissima da quella che qualcuno s’era divertito a dipingere ancor prima che la stagione cominciasse. Il turnover, se non è la forza della Roma, sicuramente non è neppure un fattore che la sta indebolendo, penalizzando. È semplicemente un sistema per andare avanti. A testa alta, per ora.
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