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Rassegna stampa

Difesa a 3 e Mkhitaryan: così Fonseca ha fatto la rivoluzione perfetta

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NOTIZIE AS ROMA FONSECA – L’idea della difesa a tre come regola e non come eccezione (Atalanta in campionato, Parma in Coppa) era nella testa di Paulo Fonseca da mesi. Ne aveva parlato con i suoi collaboratori e con Petrachi, sottolineando però come la Roma non fosse ancora pronta.

Perché i giocatori, il pensiero del tecnico portoghese, sarebbero andati in difficoltà nell’uno contro uno e perché con tutte le emergenze che c’erano (infortuni in ogni reparto) non aveva modo e tempo di poterla studiare bene. Non a caso, il tecnico aveva deciso di puntare sul 4-2-3-1 anche dopo il lockdown. Invece tutto è cambiato dopo appena qualche allenamento.

Fonseca ha avuto a disposizione praticamente tutta la Roma, ha potuto lavorare sulle nuove idee tattiche e quando le ha messe in pratica la squadra ha ritrovato prestazioni e risultati. Anche perché ha fatto quello che l’allenatore chiedeva da tempo nello spogliatoio: «Dobbiamo avere coraggio».

Il primo cambio di passo c’è stato già alla prima partita dopo la ripresa, quella contro la Sampdoria. La Roma ha sì giocato con i quattro difensori, ma per la prima volta Fonseca ha potuto testare con mano i progressi di Ibanez.

L’ex Atalanta, schierato accanto a Smalling, non è stato impeccabile e ha faticato parecchio (in assoluto a 2 si trova peggio), ma dalla panchina il tecnico portoghese ha potuto toccare con mano non solo che il ragazzo stava crescendo, ma che come personalità non aveva nulla da invidiare a compagni più celebri. Contro il Milan e l’Udinese la Roma ha sempre difeso a 4, Ibanez ha giocato appena 18’, e la squadra ha perso in entrambe le occasioni.

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Non solo gol incassati, però. Ma anche gol non fatti. Perché nelle due sconfitte a San Siro e contro i friulani anche l’attacco è rimasto a secco. Ad aver deluso Fonseca, non solo in quelle due partite ma in assoluto in questi ultimi mesi, sono stati gli esterni: Perotti è stato spesso frenato da problemi fisici, Carles Perez ha mostrato qualche timido cenno di progresso, Under e Kluivert sono ormai quasi spariti dai radar.

Tra allenamenti non perfetti (quelli dell’olandese) e partite rivedibili, i due giovani che potevano e dovevano essere il fiore all’occhiello della squadra sono ormai ai margini. E questo Fonseca non ha avuto problemi a farlo capire, dentro e fuori Trigoria. Ora potrebbero avere un’occasione domani a Ferrara contro la Spal, perché è previsto turnover, ma nulla è scontato.

Il terzo passaggio chiave della nuova Roma è collegato proprio agli esterni messi da parte. Fonseca, dietro a Dzeko, ha scelto di mettere due trequartisti. Con Diawara che copre la difesa e i due terzini che hanno la possibilità di attaccare, Mkhitaryan e Pellegrini possono rifinire il gioco e, parola di Fonseca, «buttarsi dentro.

Con Veretout che può arrivare più vicino alla porta, la squadra è più equilibrata difensivamente e pressa più alta». Che poi è quello che voleva fin dal primo giorno. In tutto questo, con Pellegrini che fatica ancora a trovare il suo posto nella Roma e nel mondo, Mkhitaryan (con Dzeko) sta prendendo per mano la squadra: tre gol nelle ultime 4 gare.

Adesso, per completare la piccola grande rivoluzione che Fonseca aveva in mente, manca solo il recupero totale di Zaniolo. Anche in questo caso, l’allenatore ha deciso di cambiare passo rispetto al passato: riprendere pubblicamente il gioiello della squadra, a costo di scontentarlo, e a costo anche di creare un piccolo caso mediatico, fa parte di una strategia precisa: rispettare il gruppo nel suo insieme e privilegiare sempre il noi all’io. Lo dicono tutti gli allenatori, in pochi, però, lo fanno davvero.

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(Gazzetta dello Sport)

FOTO: Credits by Shutterstock.com

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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