(Gazzetta dello Sport – M. Cecchini/A. Pugliese) La questione non si pone neppure: il bicchiere non è mezzo pieno, è quasi colmo. Stiamo parlando di una Roma muscolarmente terza in classifica e potenzialmente addirittura seconda – recupero con la Sampdoria permettendo – a pari merito con la Juventus, che affronterà sabato prossimo in trasferta. A certificare l’ottima stagione fin qui disputata dalla squadra di Eusebio Di Francesco non serve nemmeno andare a scomodare il fresco ricordo del primo posto nel girone di Champions League davanti al Chelsea e all’Atletico Madrid. Basta notare come i 38 punti conquistati dai giallorossi in 16 partite eguagliano il record della squadra di Rudi Garcia, nell’anno di grazia 2013-14. Santificato il lavoro svolto finora dall’allenatore abruzzese, c’è però da constatare come – se la squadra è una e ovviamente interagisce in ogni momento – il rendimento dei reparti è estremamente diverso, con una difesa super ed un attacco (per le ambizioni) da migliorare.

ALISSON SUPERSTAR – I numeri d’altronde sono chiari: la Roma ha la migliore difesa del campionato (10 gol al passivo) e in 9 partite su 16 il portiere Alisson non ha subito reti. Il totale salirebbe a 12, se aggiungessimo anche le 3 partite da clean sheet della Champions League. Tanto per avere un’idea, nei principali campionati europei quasi nessuno è riuscito a subire così pochi gol come i giallorossi. Sorprendente? Tutto sommato solo per coloro che ritenevano Di Francesco un integralista zemaniano, mentre in realtà – pur giocando sempre con due terzini di spinta (Bruno Peres, Florenzi, Kolarov e presto anche Emerson) – da Manolas a Juan Jesus, fino al sorprendente Fazio(eroe di sabato all’Olimpico grazie alla Var) –, stanno assicurando solidità, anche perché protetti da un centrocampo d’acciaio, anche se magari dotato di poca fantasia.

DZEKO & SCHICK – E qui veniamo al rovescio della medaglia, ovvero ad un attacco che ha segnato finora solo 28 reti ed è «appena» il 6° del campionato. La gara di due giorni fa contro il Cagliari, in fondo, è parsa quasi il paradigma di questa situazione, anche perché era la prima volta che Dzeko e Schick giocavano insieme dal primo minuto. Morale: c’è ancora da lavorare parecchio, visto che ciascuno dei due ha cannibalizzato gli spazi dell’altro, finendo un paio di volte addirittura per scontrarsi senza mai tirare nello specchio della porta. E se il ceco ha toccato 48 palloni contro i 29 del bosniaco, quest’ultimo almeno si è procurato quel rigore che poi Perotti ha sbagliato. D’altronde, al netto del penalty, difficile criticare l’argentino che è l’unico vero giocatore di fantasia che possiede la squadra. Per questo si capisce come Di Francesco chiedesse un esterno di destra in grado di saltare l’uomo e creare superiorità numerica anche su quel fronte. Intendiamoci, Schick ha qualità, potenza e sfrontatezza (è l’acquisto più caro della storia del club: 42 milioni) da farne davvero il prototipo del centravanti del futuro, ma forse non è un caso che – mentre nel pari di 8 giorni fa contro il Chievo il portiere dei veronesi sia stato il migliore in campo –, stavolta Cragno non ha dovuto fare gli straordinari.

DIFRA OTTIMISTA – Non è caso, perciò, neanche che Di Francesco abbia detto: «Dovevamo essere più cinici e cattivi per segnare prima, ma non ho la bacchetta magica per dirvi cosa serve per fare gol. Dobbiamo lavorare di più. Ho messo Schick per farlo crescere, non è ancora al top, ma deve giocare per migliorare. Intanto teniamoci stretto il primato dei gol presi, visto che tutti si aspettavano una difesa differente. Ora lavoreremo ancora di più nell’attacco alla porta. Creiamo tanto ma dobbiamo concretizzare di più». Proprio vero, così come fa Salah nel Liverpool. L’egiziano è arrivato al 20° gol in 26 partite, ma chi soffre di nostalgia può consolarsi: è in arrivo un bonus da circa 1,5 milioni.



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