(Gazzetta dello Sport – M. Cecchini) Si racconta spesso che di notte, a volte, arrivino le intuizioni più folgoranti. Di sicuro, il buio che ha avvolto negli ultimi giorni Eusebio Di Francesco e Daniele De Rossi è stato denso di cattivi pensieri. Così grandi, in fondo, che la resurrezione consumata contro il Barcellona è sembrata una specie di pasqua laica di due ex «poveri cristi» (si fa per dire) crocifissi dalle critiche. Contro la Fiorentina è toccato all’allenatore, contro lo stesso Barça (all’andata) al capitano. Ora però il mondo si è capovolto con quella velocità che solo il calcio consente. E naturalmente sul carro dei vincitori c’è sempre posto per tutti.
L’INTUIZIONE – La storia però non si dimentica ed è per questo che Di Francesco ha raccontato: «Ho preso un sacco di schiaffi però ho saputo sempre reagire». Vero. E i suoi familiari e amici, che hanno festeggiato a cena con lui, confermano convinti. E chissà come a Eusebio – intercettato da «Le Iene» – sembra lontana la notte di sabato, quando il sonno non riusciva proprio ad arrivare. «Sono tornato a casa e non dormivo, sarò andato a letto alle 5, e pensavo solo a questo aspetto: volevo dare qualcosa in più, perché il 4-3-3, che mi ha dato soddisfazioni e e me le ha tolte, era sì bellino, ma non abbastanza. Così ora è nata una filosofia, non un sistema di gioco. Abbiamo cambiato sistema perché avevo studiato il Barcellona e visto che aveva avuto difficoltà contro una squadra con la difesa a tre. Così ho fatto giocare Manolas più centrale perché lui si esalta nei recuperi, e allargato più a destra Fazio per impostare. In avanti, poi, ho collocato a destra Schick, avvicinando Nainggolan a Dzeko». Morale: ora l’obiettivo è la finale di Kiev, facendo proprio il motto che campeggia sul suo nuovo profilo Whatsapp sopra la foto di montagna: «Se fosse facile lo farebbero tutti». Quanto basta per incassare i complimenti dei vertici, da Pallotta(«brillanti i cambi tattici») e Monchi («è stata la sua vittoria»). E Di Francesco ricorda: «Bello l’orgoglio di essere italiani, ma occorre esserlo sia nelle vittorie che nelle sconfitte».
CAPITANI – Approverebbe anche De Rossi, che contro il Barça ha agganciato Totti a 57 presenze in Champions (preliminari compresi). Daniele, però, è arrivato a toccare dei livelli europei che lo storico capitano, in 25 anni di carriera, non è mai riuscito a raggiungere: le semifinali di Champions. «Per la dimensione della Roma è qualcosa di incredibile – ha detto –. Ma ora non dobbiamo pensare di aver fatto un miracolo, occorre cercare di arrivare fino in fondo». L’autogol del Camp Nou, adesso, sembra lontano anni luce, non solo per l’esecuzione perfetta del rigore, ma per l’interpretazione della partita che De Rossi ha fornito, come se all’improvviso – andando sempre a pressare così alto – di colpo gli fossero scivolati via dal corpo dieci anni. «È vero, sono contento anche per me stesso, che a 34 anni ho raggiunto un grande traguardo. Ma lo sono anche per tutti i giovani che indossano questa maglia. È una della gioie più belle da quando sono qui». E adesso nessuno dei due «risorti» ha più voglia di fermarsi. Giusto così. Dicono che a Kiev sia bella la Casa delle Chimere. Possibile che la Roma non si lasci scappare l’occasione per visitarla. Perché a Trigoria le chimere hanno imparato a materializzarle.
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