(Il Messaggero – G. Teotino) Niente soffitto: una tenda è più che sufficiente. Nessun letto per dormire: sacchi a pelo a volontà. Di energia elettrica neanche a parlarne: oltre a tutto viene buio tardi. Quanto al cibo, il laghetto è pieno di pesci: andate a pescarli. Più che un ritiro precampionato, un campo militare: quello che Jurgen Klopp impose ai giocatori del Mainz con cui aveva conquistato la promozione in Bundesliga. Dovevano imparare l’arte della sopravvivenza. Funzionò. Magari non ce ne sarebbe stato bisogno. Forse sarebbero stati sufficienti un po’ di gradoni di zemaniana memoria. Eusebio Di Francesco a un’esagerazione così non farebbe mai ricorso, probabilmente neppure a provare caricare i giocatori ricorrendo alle immagini della saga di Rocky Balboa contro Ivan Drago, altra passione di Klopp, eppure fra i due ci sono molte similitudini. Per le origini sul campo, anche se Di Francesco era in assoluto un po’ più bravo, per la cultura del lavoro e per le idee di gioco. La differenza principale sta nel fatto che Klopp è un estremista nato. Altro che Normal One, come si era definito il giorno dell’arrivo a Liverpool in contrapposizione allo Special One Mourinho. Non è uno che cerchi di passare inosservato. La sua risata è contagiosa, per quanto talvolta un po’ sguaiata. I comportamenti in campo sono sopra le righe. La comunicazione improntata al sarcasmo. Spesso sembra più un allenattore che un allenatore, buca il video anche negli spot pubblicitari. Di Francesco preferisce presentarsi sereno e composto, pure quando avrebbe buone ragioni per non esserlo. Durante le partite è coinvolto, ma impeccabile. Quando non ne può fare a meno, è semmai ironico, non sarcastico.
SIMILITUDINI – Si assomigliano di più le loro squadre. Più verticali che orizzontali. Sì a possesso palla e azioni dal basso, no al tikitaka, almeno nella sua impostazione originale. Il calcio di Klopp è così, “heavy metal”, come lui ama definirlo, fin dall’inizio. Il calcio di Di Francesco invece si sta tuttora evolvendo: era più armonico ai tempi del Sassuolo – con pressing saltuario e squadra tal- volta un po’ allungata – più aggressivo e meno dipendente dalle linee guida del 4-3-3 classico oggi. Klopp ha in qualche modo (re)inventato il gegenpressing, cioè la riaggressione, il pressing lanciato appena perduto il con- trollo del pallone, cui segue la verticalizzazione immediata che poi, da quando non c’è più Coutinho, è l’unico modo di attaccare del Liverpool. Di Francesco preferisce alternare fasi di pressing alto ad altre più dedicate alla chiusura delle linee di passaggio. La differenza, all’andata, l’ha fatta lo strapotere fisico dei Reds. Finché hanno retto. Klopp ha già raggiunto, con il Dortmund, una finale di Champions. Di Francesco ancora no, ma ha anche lui tutte le caratteristiche del predestinato. E ha due anni di meno.
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