Edin Dzeko e Patrik Schick

(Gazzetta dello Sport – M. Cecchini) Agli studenti di storia una delle prime nozioni che viene insegnata è come sia sbagliato giudicare il passato col metro del presente. Eppure, se si giudica l’attuale cavalcata della Roma in Champions, è forte la tentazione di dire che sia superiore persino a quella del 1983-84. Certo, quel Liverpool fece epoca, ma il percorso per arrivare in finale fu di tutt’altra natura, visto che Goteborg, Cska Sofia, Dinamo Berlino e Dundee, non paiono paragonabili ad Atletico Madrid, Chelsea, Shakhtar e lo stesso Liverpool, sia pur non trascendentale come quello dei progenitori. Arrivare a Kiev, perciò, sarebbe un risultato epocale, ma non per questo meno alla portata della squadra di Di Francesco. Con tutto il rispetto per la banda di Klopp, crediamo che il 3-0 al Barcellona sia impresa superiore a quella necessaria domani. Una cosa però è certa: sarà una partita totalmente diversa. Non è solo una questione di sistema di gioco. Se il «nuovo» 3-4-2-1 aveva sorpreso il Barça, stavolta – come nel finale ad Anfield – si tornerà al 4-3-3 per consolidare equilibri più rodati. D’altronde il Liverpool adotterà una tattica opposta a quella di Valverde. All’Olimpico i «blaugrana» giocavano per far trascorrere il tempo e, anche quando riuscivano a superare il primo pressing della Roma, sceglievano di non affondare per mantenere uno sterile possesso palla. Il Liverpool di sicuro non lo farà. Le sue caratteristiche, d’altronde, sono altre: il ritmo altissimo e la ricerca immediata della verticalizzazione. Il rischio, ovviamente, è che un’«uscita» sbagliata in impostazione o un duello perso in mediana inneschi subito Mané, Firmino e Salah per devastanti uno contro uno. Non è un caso che fuori casa, in Europa, il Liverpool ha sempre segnato (18 gol in 5 match). Proprio la loro esasperata ricerca della profondità, però, consentirà alla Roma di recuperare e gestire tanti palloni, magari sfruttando l’ampiezza del campo (Mané e Salah coprono poco) e la ricerca del cross sul 2° palo, senza contare come i Reds siano un po’ lenti in difesa e abbiano in Karius un punto debole, mentre i giallorossi all’Olimpico, in Europa, finora non hanno subito neppure un gol. Un caratteristica che sarebbe da conservare gelosamente per la rimonta. Morale: al netto di errori individuali, la chiave sarà la maniera con cui saranno interpretati i duelli di centrocampo. Chi riuscirà a essere più compatto nelle due fasi di gioco per cercare di essere sempre in superiorità numerica, potrà spuntarla. I titoli di coda li lasciamo ai calci piazzati. Anche questi potranno essere decisivi. All’andata nel gioco aereo i giallorossi spesso sono stati superiori, ma se la fisicità del Liverpool è senz’altro maggiore a quella del Barça, abbiamo ancora negli occhi il colpo di testa di Manolas su azione d’angolo. È stato il gol del 3-0. Se la Roma è arrivata fin qui, in fondo, non è solo grazie a Super Dzeko.



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