Edin Dzeko

(Gazzetta dello Sport – D. Stoppini) E la chiamano lucida follia, che poi scegliete voi quale delle due parole sia fuori tema. Forse nessuna, perché il risultato che ne viene fuori è questo qui: Edin Dzeko in campo con i nervi a fior di pelle e comunque decisivo, mentre l’agente tratta l’ingaggio con il Chelsea e la Roma resta lì in attesa dopo aver trovato l’accordo con i Blues. Il tutto nonostante il dribbling – obbligato, per carità – di Monchi, che da giocatore faceva il portiere e ora davanti ai microfoni prima della partita non può che dire: «Noi ascoltiamo sempre le offerte, se Dzeko gioca è perché le proposte arrivate fin qui non sono state interessanti». Se Dzeko gioca è perché è giocatore centrale per Di Francesco anche con il cartello «vendesi» appeso al collo. «La cessione? Se la fanno, ci sono motivi validi, e la società li ha. Magari poi me li spiegheranno… – dice ironico alla fine Di Francesco, arrabbiato però per il mancato fallo su Strootman prima del rigore –. Inutile nascondersi, c’è una trattativa ma io finché posso lo utilizzo. E alla fine è stato comunque determinante». Quella capocciata a nel recupero su assist del ragazzino all’esordio in Serie A – Antonucci –, in fondo a una partita mal giocata, mal digerita, mal gestita, ma tutto sommato salvata, è il premio a un attaccante che saluta con 47 gol in Serie A in due campionati e mezzo. Saluta perché il pacchetto, comprendente Emerson Palmieri, di 50 milioni e dieci di bonus a Trigoria l’hanno già accettato di buon grado, manca solo che il Chelsea si decida ad offrire a Edin un contratto fino al 2021 invece del 2020.

LA SERATA – E allora ecco qui la lucida follia. Lucida perché Eusebio Di Francesco ragiona con la logica del presente: stasera Dzeko c’è, stasera Edin gioca. La follia, a leggerla da fuori, è un centravanti con la valigia e un altro – Schick – che aspetta in panchina pure il giorno del compleanno, poi entra e mette più d’un piede nella rimonta della Roma. Di logico c’è poco, di logico Di Francesco ha pensato ci fosse tutto una volta uscito rassicurato dal colloquio avuto prima della partita con lo stesso Dzeko. Il tecnico s’è preso un rischio infinito. Perché il bosniaco aveva sulla pelle tutte le chiacchiere degli ultimi giorni. Nervoso come mai, isterico perché un uomo vive di sentimenti e la voglia di lasciare una firma prima di imbarcarsi per l’Inghilterra. E quando funziona così, quasi mai funziona bene. 68 secondi per divorarsi un gol su assist di Under, 4 minuti per non trasformare in gol una girata, otto scarsi per un’altra occasione, 15 per rifilare un calcione a Torreira: ammonito. Tanto che Orsato prima si avvicina a Florenzi e gli fa: «Di’ a Dzeko di darsi una calmata». E poi fa lo stesso con Di Francesco, che urla a Edin: «Sta zitto e pensa solo a giocare». È un ordine, Dzeko esegue e manda in porta Defrel: alto, manco a dirlo. Il secondo tempo è un trascinarsi tra stop sbagliati e poco altro. Quando l’allenatore si decide a mettergli vicino Schick la musica cambia. Il gol è nell’aria, arriva sul cross di un esordiente. Arriva con Dzeko, lucida follia completata. Anzi no. Perché magari va a finire come spera Nainggolan: «Edin è un giocatore forte e io vorrei sempre che i giocatori forti rimanessero a Roma». Hai visto mai.



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