Paulo Dybala

AS ROMA NEWS MONZA DYBALA – Quando Paulo, controllando il pallone in corsa, è riuscito non solo a non farsi recuperare ma addirittura a distanziare Sensi che correva senza sfera e a battere Di Gregorio, l’urlo dell’Olimpico e la Dybala-Mask liberatoria dell’argentino, hanno offuscato il ghigno di Mourinho in panchina.

Come riferisce Il Messaggero, José si è girato verso il vice Foti e ha abbozzato un sorriso sornione dei suoi. Perché il portoghese è il primo a sapere che la stagione della Roma, al netto di una squadra che sta crescendo sempre di più come gruppo, passa per i piedi della Joya. È lui il top player che deve regalare il salto di qualità.

Poi è chiaro, sarà fondamentale il contributo di tutti: Abraham con i suoi gol, Pellegrini sempre più leader e jolly, Smalling baluardo di una difesa che in 4 giornate ha subito soltanto una rete su palla inattiva (con Rui Patricio ormai collezionista seriale di clean sheet: 25 su 58 gare, il 43% delle volte), Wijnaldum quando tornerà a gennaio, Cristante e Matic nell’attesa dell’olandese. Come in un puzzle tutti hanno la loro specificità e risulteranno fondamentali. Per cosa? José non ce ne vorrà ma in un campionato senza padroni, porsi dei limiti è sbagliato. Come sognare a occhi aperti, perché poi il risveglio rischia di essere brusco. Per dirla alla Mou, meglio quindi pensare step by step, passo dopo passo, partita dopo partita. Ma senza abbassare l’asticella in partenza.

Anche perché, nonostante sia prima in classifica, la Roma sembra ancora lontana dall’esprimere il massimo delle proprie potenzialità. Ciò è dovuto ad una partenza lenta del suo rinforzo principe (che ieri, alla ricerca della nuova casa romana, ne ha visionata una nei pressi di Fontana dei Trevi e oggi si appresta a vederne un’altra a due passi dal Bioparco), rimasto fermo una cinquantina di giorni prima di accettare la proposta giallorossa.

Dybala non può essere al top ma già adesso gli basta poco per cambiare l’inerzia delle gare. E questo giova anche a Abraham che si è scrollato di dosso il peso di dover per forza segnare. Ora ha vicino un calciatore che può diventare letale quanto lui, senza dimenticare Pellegrini e la capacità di far male da palla ferma. Con il centro di Ibañez, siamo arrivati a quota 25, il 19° da calcio d’angolo, il 2° in campionato, il 6° dall’inizio della stagione comprese le amichevoli estive.

È una questione di numeri e di opzioni: se nella passata stagione la Roma si è arenata a 59 centri in 38 gare, risultando il 9° attacco del torneo, ora proseguendo su questo trend e con l’arrivo della Joya e di Belotti il numero è destinato a salire. Sì, perché un altro elemento che non va sottovalutato, è la completezza della rosa. Mou si è battuto, a volte al limite, per ottenere una rosa di 18-19 calciatori intercambiabili.

C’è riuscito, al netto di quel quinto difensore che chissà se riuscirà ad ottenere nelle ultime ore di mercato. Per il resto non si può lamentare. Il disappunto manifestato lo scorso novembre dopo Roma-Milan (“Pioli nel momento di difficoltà ha fatto entrare Tonali e Bakayoko, io Darboe e Villar”), ormai appartiene ai ricordi. Celik e Zalewski per Karsdorp e Spinazzola, Belotti per Abraham, El Shaarawy per uno dei due trequartisti, quattro centrocampisti aspettando Wijnaldum. Per intenderci, c’è chi sta peggio.

Probabilmente anche chi sta meglio perché sono bastati due ko muscolari a Kumbulla (lesione bicipite femorale sinistro) e al Faraone (lesione muscolo psoas) – torneranno dopo la sosta – per tornare a fare i conti con un turnover nuovamente limitato in vista del tour de force che attenderà la Roma nei prossimi 18 giorni (5 gare, 3 di campionato e 2 di Europa League). Chissà che questa penuria dietro, non possa rivelarsi però la svolta tattica per un ritorno alla difesa a quattro. Non sono in pochi gli osservatori (Boban in primis) che ritengono che una Roma schierata col 4-3-3 o con il 4-2-3-1 “avrebbe maggiori possibilità d’inserirsi nella lotta per il titolo”.



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