(Il Messaggero – A. Angeloni) Per una notte, Re. Ancora una. Come a Londra, come quella notte di bellezza: un gol al volo di sinistro, uno di testa. Stamford Bridge ammutolito e innamorato, qualche mese dopo i blues gli hanno fatto la corte e lo volevano a tutti i costi. La Roma stava per cedere, poi no. Quel Re è rimasto qui, ha steccato, si è rialzato, ha taciuto, si è ribellato, non ha segnato, ha segnato, pure tanto, due gol a Napoli, e non in un’amichevole qualsiasi. E’ tornato Re e aspetta una serata magica, come quella di Londra. Quel Re sorride, ora si arrabbia pure, digrigna i denti, ricordate come ha aggredito quella telecamera a Napoli, dopo un gol? Cattivissimo me, come lo voleva Spalletti, come lo vuole Di Francesco. Un Re cattivo, despota, dominatore del suo territorio, comandante raffinato: lui comanda ed esegue, ha il gol e l’assist.
LE PERLE – Tre reti fino a ora (in Champions, due a Londra e una sul campo del Qarabag), tre assist (uno a Londra, uno in trasferta con il Qarabag e uno sul terreno dello Shakhtar). Lui è l’uomo che può far svoltare la Roma, lui che Roma ora l’ha scelta (spera) per la vita. Altro che Londra, pur bella ma non è Roma. Roma ha le buche della sua torturata Sarajevo, come fai a non volerle bene? Quel Re è Edin Dzeko, ma si era capito, lo specifichiamo per dovere. Si è riposato contro il Torino, ha guardato vincere, ha osservato i passi di crescita (mica tanta) di Schick, che studia da Re, ma ancora è solo un principino in fiore. Dzeko ricorda quella serata inglese contro il Chelsea, a cui non aveva mai fatto gol. C’è riuscito in una sera. Due reti, come altre tre volte in questa stagione: con il Verona, con il Benevento e, appunto, a Napoli.
DIFRA CHIAMA – Di Francesco rivuole il calciatore capace di queste prodezze: si era fermato lui, si era fermata la Roma. Sette gol nelle prime sei giornate di campionato, poi il lungo letargo, per poi riprendere la marcia di recente: cinque reti nelle ultime nove partite. Alti e bassi. La rete alla Spal, 1 dicembre scorso, si era persa in mezzo al mare. La Champions comincia con uno 0-0, in casa con l’atletico Madrid, e con una sua lamentela a cielo aperto: «Qui davanti non mi arriva un pallone», disse. Cominciamo bene, abbiamo pensato tutti. E adesso? Di Francesco lo rimprovera pubblicamente, poi le cose tornano a posto. Dzeko viene assistito di più e lui stesso viene a giocare più spesso con i compagni. Risultato: anche quando non fa gol, è utile. Indispensabile.
NON SOLO CENTRI – Detto dei tre assist in Champions, aggiungiamo quelli in campionato, due. Tante prestazioni – in generale – al servizio della squadra. Di Francesco non rinuncia mai a lui, a meno che – ovvio – non sia squalificato. Su 27 occasioni (in campionato) lo ha fatto giocare 25 volte titolare, due è subentrato (Chievo e Milan). In Champions ha fatto l’en plein: gli manca solo un minuto con l’Atletico all’andata (è uscito per far posto a El Shaarawy), per il resto le ha giocate tutte, sette su sette. Minuti totali nelle tre competizioni 2.920 (dentro anche il quarto d’ora con il Toro in Coppa Italia). Ecco, al Re manca il gol all’Olimpico in Champions League. Domani c’è Roma-Shakhtar, si gioca proprio all’ Olimpico. Una serata da Re, si dice in questi casi. Ma la storia deve essere ancora scritta, per ora si è liberi si sognare e basta.
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