(Gazzetta dello Sport – D. Stoppini/C. Zucchelli) «Scusi, ma perché siete venuti ad abitare qui a Casal Palocco?» chiedeva il Nanni Moretti di Caro Diario, nel pieno del suo girovagare in Vespa. Immaginatelo, Nanni, provare a fare la stessa domanda a Edin Dzeko, un bosniaco che ha girato l’Est e il Nord Europa ma è diventato più romano di quanto non riuscirebbe a mostrarsi in campagna elettorale il miglior sindaco possibile della città. Non sarà sfuggito un particolare dialettico, delle parole di Edin nel post impresa con il Barcellona: «Sono felicissimo di vedere la mia Roma in semifinale». La mia Roma è tutta qui, qui c’è tutto quello che voglio: così risponderebbe il bosniaco a Moretti, dopo esserselo guardato e non aver trattenuto una risata. Perché per un centravanti, da queste parti, è molto più facile irridere Piqué e Umtiti nella notte dei miracoli piuttosto che districarsi tra le buche della città e attraversare il centro storico, magari dovendo pure nascondersi sotto un cappello o un casco per non fare due sessioni al giorno da due ore ciascuna solo per gli autografi o i selfie. Edin, a Casal Palocco, toglie gli scarpini e mette la pantofole, proprio quelle di Nanni Moretti. E dentro il quartiere trova il massimo che Roma gli può dare: il verde, il profumo del mare a due passi, il centro commerciale di riferimento, il ristorante di fiducia, la palestra per la moglie Amra Silajdzic, una che – raccontano – non riesce a star ferma per venti minuti di fila.
MI FERMO QUI – «È stato il migliore il campo», l’ha incoronato James Pallotta. A Roma un centravanti così non si vedeva dai tempi di Montella e Batistuta. Erano le settimane in cui la squadra abbondava di talento e di gol, i giorni in cui – anno 2002 – si batteva il Barcellona 3-0. Ah no, quella non conta come differenza. È riaccaduto grazie a un diamante, a un gigante buono che aveva deciso di dedicare il gol dell’andata al Camp Nou, la settimana scorsa, al ricordo delle cinquemila vittime civili dell’assedio di Sarajevo, di cui il 5 aprile ricorreva il 26° anniversario. Sarajevo è casa sua, la città senza scadenza: lì Edin ha un appartamento, ogni volta che ritorna – per una partita della nazionale, per un ritrovo con gli amici – è una festa. Ma Roma gli è entrata nel cuore, non era scontato che accadesse. Per intendersi: Edin e Amra hanno una residenza a Dubrovnik, che riescono a godersi l’estate e dove la coppia aveva progettato di andare a vivere il giorno che Dzeko si sarebbe stufato di fare a sportellate con i difensori. Ecco: Roma ha rimesso in discussione tutto, qui Edin sta seriamente pensando di mettere le tende e stabilirsi per sempre. In fondo la casa l’ha già acquistata, dopo un periodo in affitto. Ha preso l’abitazione che fu di un altro attaccante della Roma, Marco Delvecchio: villa con piscina e dependance per tutte le volte che papà Midhat e il resto della famiglia vengono a trovarlo. In casa sono tre gli eredi: la più grande è Sofia, 14 anni, figlia di Amra. Poi ci sono Una (2 anni) e il piccolo Dani, nato lo scorso settembre. Proprio Una ha rotto una delle regole non scritte degli spogliatoi di una squadra di calcio: le donne non possono entrare. Ma Una s’è infilata e nella foto di gruppo con la squadra lei teneva stretto stretto il suo papà. I tre ragazzi vanno a scuola nel quartiere, l’italiano è la loro lingua: Amra prova a parlare bosniaco con la piccola Una, che risponde come Roma impone.
CACIO E PEPE – Dzeko ha detto no ai soldi di Londra perché di Roma l’hanno fatto impazzire tre cose: il clima, il centro di cui ogni tanto riesce a rubacchiare un assaggio – un po’ di shopping e un ristorante di cui s’è innamorato a Trastevere – e poi un debole poco nascosto per la pasta. Frutti di mare ma soprattutto cacio e pepe, il battesimo che un romano non di Roma non può non sostenere. «Seriamente: pensate che esista davvero una città più bella al mondo dove vivere?», sorride Zibì Boniek, uno che non se n’è andato più. «I romani ti fanno sentire uno di loro – ancora il polacco –, anche quando ti criticano lo fanno per il troppo amore. Ma poi: come si fa a contestare Dzeko?». Andrebbe chiesto a qualche saltimbanco che gira per la città. Anche a lui Dzeko manda a dire: «Siamo in semifinale, a questo punto non c’è più un favorito. I miei sei gol in Champions? Non è mica finita». Occhio, se continua toccherà chiedere a Nanni Moretti un sequel di quel Caro Diario.
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