Edin Dzeko e Daniele De Rossi

A quel ‘pippone’ di Edin Dzeko manca un gol (sì, un solo gol) per emulare il miglior Francesco Totti della storia della Roma. Quello che nel campionato 2006-07, con il titolo di campione del mondo sul petto, riuscì a realizzare 26 reti. A Dzeko, fermo da sabato scorso a quota 25, manca un altro timbro per affiancare il suo Capitano e convincere anche gli ultimi scettici che, in fondo, non è poi così scarso. Di fronte, stasera, il bosniaco avrà la seconda peggior difesa dei maggiori campionati d’Europa: il Pescara, affidato da poche settimane a Zdenek Zeman, ha beccato finora 70 reti, con un parziale di 33 nelle 16 partite giocate davanti al proprio pubblico. Più di 2 a gara, insomma. Questo, però, conta poco, perché ogni partita fa storia a sé. Dzeko, per dirne una, ha segnato lontano dall’Olimpico soltanto otto volte (su 25) in campionato e tredici su 35 in stagione.

L’UMORE DELLA PIAZZA Traduzione: l’Olimpico è il suo regno, mentre lontano dalla Capitale la faccenda si fa un pochino più complicata. Detto questo, va aggiunto che Edin ha il piede caldo, visto che è andato a segno nelle ultime cinque partite, per un totale di sei reti. In altre piazze un attaccante che, con sei partite ancora da giocare, ha già segnato 35 gol probabilmente sarebbe onorato e vezzeggiato come un re. A Roma, dove non si vince niente da quasi un decennio, uno come Dzeko – invece – fatica (ancora) a farsi apprezzare. Perché, ecco l’accusa, non segna mai gol pesanti; si fa grande con le piccole e piccolissimo con le grandi; non c’è mai nel momento del reale bisogno. Come se uno potesse scegliere a chi e quando segnare. Roma è città che facilmente si innamora e altrettanto facilmente non si innamora mai. Ci sono stati, anche nel recente passato, attaccanti che hanno segnato – in proporzione – molto meno di Dzeko eppure vengono ricordati come autentici fenomeni, come colonne della storia della Roma. Il tenero Edin, invece, nonostante i (finora) 35 gol stagionali da troppi viene reputato alla pari o giù di lì di un Musiello 2.0, di un Carew biondo o di un Fabio Junior slavo. Qualcuno, ne converrete, tutto sommato si meriterebbe un altro Bartelt.

(Il Messaggero – M. Ferretti)



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