Edin Dzeko

(Il Messaggero – A. Angeloni) Ci siamo, eccola. Un’altra fatica, le gambe sempre più imballate, mentre la testa viaggia verso un sogno, Kiev. Ma tutto è finito ad Anfield, o forse no. Perché tutto doveva essere finito a Barcellona, mentre poi, sappiamo tutti… Quella sera può essere un’altra sera, come allora, come si insegue un magia. Edin Dzeko c’è, un po’ stanco ma c’è. E’ il portatore sano di gol, con quella faccia un po’ così, con quelle leve elastiche, che vanno dove dice la palla, sempre, con estrema eleganza. Ma stavolta serve impeto, oltre a quei gol, sette fino a ora in Champions League, mica pochi. Suo il timbro nelle ultime partite che hanno fatto la storia della Roma: uno allo Shakhtar, uno al Barcellona al Camp Nou e uno all’Olimpico, più uno al Liverpool ad Anfield (gli altri tre nella fase a gironi, due al Chelsea, uno al Qarabag). Proprio quello in Inghilterra ricorda tanto quello segnato a Barcellona. Una rete apparente- mente insignificante, quella della bandiera in entrambi i casi. Ma qui, la bandiera, non la vuole alzare nessuno. «Chi non ci crede stia a casa», il motto a Trigoria. Edin a casa? Ce lo vedete? Ma chi, ma cosa. Stanco, un po’ provato, ma via sù, bomber faccia l’ultimo sforzo. E poi quel che sarà sarà. Magari segna una rete che apre i cuori e le speranze come con il Barça, magari ti aiuta a segnare il rad- doppio, come con il Barça (rigore procurato, rete di De Rossi). Poi, tutti all’assalto della banda Klopp, che tanto ha fatto male alla Roma ad Anfield, davanti alla Kop. Ma qui c’è la Sud e la Kop sei tu. Di Francesco lo ha sempre fatto giocare, sempre sempre, ecco perché è un po’ stanco. Il turnover lo ha riguardato nei casi estremi, vedi Ferrara. Col Chievo in campo da subito, lui due gol, per gradire. Due sinistri magici per un 4-1 che tanto sarebbe benedetto con il Liverpool. Ma no, Edin, basta un tre a zero. Mica facile, poi contro quel missile terra aria di Salah, che lui ha avuto come compagno e (anche) grazie al quale ha vissuto la sua migliore stagione a Roma. Migliore almeno in termini numerici, 39 reti in stagione. Ma questo Edin ci piace di più di quello, anche se segna meno: fino a ora 23 gol e non arriverà mai a 39, questo pare evidente. Ma chi se ne importa.

IL PASSATO – Ci piace perché Edin ora è più della Roma, perché s’è impuntato per restare quando il vento lo stava portando a Londra. Lui in quel freddo gennaio si era incupito e qualche partita l’ha pure steccata. Poi no, ha ritrovato il sorriso a mercato chiuso. Con la Roma in volo in Champions, dallo Shakhtar in poi. Ma non ci pensiamo più, quel pericolo è scampato. Contro il Liverpool ci sarà, non c’è vento che tenga. Certo, se fosse tornato in Premier avrebbe incontrato lo stesso il Liverpool, ma vuoi mettere farlo con la maglia della Roma e in Champions? Mettiamo pure. Non c’è match, Edin lo sa. E come si dice in questi casi, non vede l’ora. Kiev è un sogno che per ora si è allontanato, ma la partita contro il Barcellona ha detto che certi desideri si possono riacchiappare per i capelli, che nulla è finito se prima non finisce davvero. Dzeko ne ha vissute tante, ha 32 anni e la forza gli verrà proprio da questo: quando mi ricapiterà? Chissà, forse l’anno prossimo, forse mai. Il momento è adesso, non c’è nulla da rimandare, basta un gol, uno, per ricominciare; uno, per dimenticare Anfield. Uno, ne basta uno subito. Poi si rifanno i conti. Il signore del gol c’è, la gente aspetta. Chissà.



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