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Rassegna stampa

L’altra faccia della Roma, ora Dzeko non è più solo

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TORINO-ROMA DZEKO – Gli indizi sembrano dire che la Roma è sempre lei, sempre uguale, sempre la stessa. Perché ha vinto al debutto come lo scorso anno: con un solo gol, senza subirne e faticando un po’. E perché a consegnarle la vittoria è stato il solito Dzeko. Invece, lo 0-1 della Roma non potrebbe essere più diverso da un anno fa. Merito di una dote che nella stagione scorsa la Roma non aveva: la molteplicità. Si è capito a metà del secondo tempo, quando dalla panchina di Di Francesco si sono alzati, tutti insieme, Cristante, Kluivert e Schick.

Un arsenale solo da innescare e senza un filo di ruggine addosso. Un anno fa al loro posto c’erano Defrel o Gerson, provare per credere. Di Francesco sembrava aspettare il momento giusto, mentre il Toro prendeva campo e segnava un gol irregolare per qualche millimetro.

A quel punto, la miccia l’ha accesa l’allenatore spendendo in campo il più elettrico dei tre e addirittura rinunciando al migliore in campo. Ma Ünder capirà, o forse ha già capito visto che a scardinare la partita è stato proprio Kluivert, uno dei tre acquisti “impossibili”: così diceva il ds Monchi a chi gli chiedeva se l’avrebbe comprato. Uno strappo dell’olandesino figlio di papà (calciatore) ha proiettato sul piede di Dzeko un pallone che, in ossequio forse alla provenienza del ragazzo, Edin ha trasformato nella fotocopia a colori del gol che segnò 30 anni fa Van Basten all’Unione Sovietica.

«Uno dei tre più belli della mia vita» , dirà lui. Che pure una decina di mesi fa s’era cimentato in qualcosa di simile. Ecco, l’anello di congiunzione tra quel passato in cui alternative ai titolari faticavano a comparire sulla panchina di Di Francesco e oggi è proprio lui. Con quello di ieri sera è arrivato a 14 gol con la Roma nel 2018, e tra i calciatori di Serie A solo Immobile ne ha fatti di più. Attenzione, perché il copione continuerà a ripetersi: così la coppia Monchi-Di Francesco ha pensato la Roma: più capace di ieri di gestirsi nei 90 minuti, più ricca di strade per arrivare a dama.

Certo, il primo atto dice che i problemi sotto porta non è che siano evaporati: ha tirato 17 volte e in 11 non ha nemmeno inquadrato la porta. C’è persino stato un momento in cui la cosa migliore che sembrava poterle capitare fosse pareggiare. È stato esattamente quello il momento in cui l’ha cambiata, Di Francesco. Pur restando qualche minuto di troppo aggrappato a un Pastore che ha ancora al collo il cartello dei lavori in corso. Pur con un De Rossi ribelle – non ha indossato la fascia di capitano unica introdotta dalla Lega – pur senza la star del mercato Nzonzi, arrivato da solo da Roma per vedere la sua nuova squadra. Indizi circa i margini per migliorarsi che ha la Roma.

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Ne ha anche il Toro, che il grosso del mercato estivo – Zaza e Soriano, entrato solo poco prima della fine, ma pure Djidji e Aina l’ha spedito in panchina, almeno all’inizio. Eppure da quelle parti preferivano distrarsi guardando altro, ieri.

A fine partita il ds Petrachi gironzolava per i corridoi urlando al telefono «è uno scippo». Per poi ribadire il concetto a microfoni accesi, giusto edulcorandolo un po’ ma pur sempre convinto che «la partita l’hanno decisa gli arbitri» . E magari una spintina Falque l’ha pure subita. Lui, lo spagnolo, pare avere altri pensieri se alla fine ha lasciato l’Olimpico mettendo un punto interrogativo sul futuro. Il tributo da pagare a un mercato abbondante.

(La Repubblica – M. Pinci)

FOTO: Credit by Depositphotos.com

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