Piano con le parole perché qui si rischia l’equivoco. Ma c’è un numero che più di ogni altro fa salire l’autostima di Luciano Spalletti. È quel 40 lì, quei 40 tiri verso la porta avversaria di Edin Dzeko nelle prime sette giornate di campionato: non c’è altro giocatore in Europa che ha provato a far gol più del bosniaco, quasi sei volte a partita. Non c’è Ibrahimovic, Messi, Icardi, Cavani, non ce n’è, non c’è squadra che abbia messo in condizione un suo calciatore di segnare più della Roma. E laggiù, dalle parti del portiere avversario, ci arrivi se un’idea di gioco ce l’hai, se la propensione offensiva è qualcosa che hai studiato a tavolino, anche a costo di sbilanciare un po’ la squadra. Chissà che non sia proprio qualche limite difensivo che abbia convinto Spalletti a lanciarsi nella direzione opposta: provo a vincere segnando di più, non subendo di meno. Ed ecco un altro numero che fa scopa con il ragionamento: mai in Serie A una formazione di Spalletti aveva segnato di più nelle prime sette giornate di campionato. I 16 gol sono un inedito che Manolas ha cucinato con quel colpo di testa domenica sera: è stato il primo gol di un difensore della Roma in questo torneo, anche se con la preziosa collaborazione di Mauro Icardi.
PER FORZA – Segnano tutti. Ma segna soprattutto Edin Dzeko, capocannoniere della Roma che viaggia come nei migliori anni della (sua) vita. Il bosniaco non sa neppure chi sia Renato Zero, ma sa benissimo che solo nel 2011-12, la stagione del passaggio dal Wolfsburg al Manchester City a metà campionato, era partito meglio, con 8 gol. Le 5 reti in 7 partite sono invece lo stesso bottino del 2010-11 e del 2012-13. Cioè di quando Edin era Dzeko, non il centravanti che ha alimentato dubbi a Roma e a cui Spalletti chiede di essere più cattivo in ogni zona del campo. E allora così si spiega la reazione di De Rossi, a difesa di un compagno spesso fischiato al primo tocco di palla e invece imprenscindibile per la Roma di quest’anno. Non fosse altro che per una ragione tattica: la squadra che anche grazie a Pjanic si trovava tremendamente bene nel gioco palla a terra in velocità, non è la stessa squadra che oggi deve — molto più che vuole — appoggiarsi alle giocate aeree del suo centravanti, ai suoi centimetri, alla sue difesa del pallone. E allora Dzeko titolare, «perché è un calciatore completo, sa fare tutto, ha una qualità totale», per dirla con le parole di Luciano Spalletti.
SOLO AL 60% – Però ha la faccia buona e il candore di uno che davanti alla telecamere invece di esaltarsi quasi si rimprovera, «perché invece di 5 avrei potuto segnare 10, 11 o 12 gol». E qui batte il tasto Spalletti: «Gli manca un po’ di carattere, ogni tanto abbassa il livello di cattiveria agonistica che in Italia fa la prestazione — ancora l’allenatore a Roma Radio —. Ormai possiamo dirlo senza fargli del male, fin qui ha fatto meno di quello che avrebbe potuto fare e che ha mostrato di saper fare contro l’Inter. Con lui abbiamo provato in tutti modi: le riunioni, i dialoghi personali, gli incontri. Ora ho cominciato a dirgli le cose pubblicamente. E qualcosa si sta muovendo». Si muove eccome. Chissà se basterà per volare: «La Juventus è grande, ma noi siamo solo al 60% del nostro valore. Insomma, c’è spazio». Va riempito con l’altro 40%. Che poi, tradotto, vorrebbe dire mantenere la forza d’urto offensiva e far passare qualche giornata serena a Szczesny. Ma questa è un’altra storia.
(Gazzetta dello Sport – A. Pugliese/D. Stoppini)
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