Ancora luccica ed emoziona l’immagine tenera di Edin Dzeko nel dopo Villarreal: aveva appena realizzato una tripletta e, nella zona mista dello Estadio Ceramica, si mostrava alle telecamere, con il pallone in mano, felice come un bambino, pronto a dedicare la tripletta, palla e vittoria alla piccola figlia, Una. «Questo pallone lo porto a lei», confidò. Quei tre gol (più quello di Emerson) hanno spianato la strada alla Roma (nel ritorno non c’è stato nemmeno bisogno di Edin, seduto in panchina per tutti i novanta minuti) e Dzeko in testa alla classifica cannonieri d’Europa League: otto reti, come Giuliano dello Zenit. Se la Roma è fino ad ora il club con il migliore attacco del torneo, 20 gol (in otto gare), il merito è anche del bosniaco con le sue otto bellezze (in sei partite, un’altra tripletta, Edin l’ha segnata in casa contro il Viktoria Plzen. ), 5 delle quali in trasferta (Villarreal e Austria Vienna), nessuno ha fatto meglio di lui, a parte Giuliano. Giuliano chi? Sempre quello dello Zenit. Ricapitolando: otto reti in Europa League, 19 in campionato e 2 in Coppa Italia. Per Dzeko è caccia al 30. Lui che non segna da tre partite e sembra invece da un’eternità. Perché la sua vita in questa seconda stagione in giallorosso è fatta solo di gol, tanti e consecutivi, come consecutive sono le presenze da titolare negli ultimi tre mesi: ventitrè di fila in campionato, ultima rete quella contro il Torino. Poi la pausa. Sono passati solo una decina di giorni, solo tre partite, anche se pesanti, all’asciutto: Inter, Lazio e Napoli. Un altro che non segna dalla sfida coi granata è Salah, forse uno degli uomini più utili – con Nainggolan – al bosniaco. Dzeko e Salah costituiscono la coppia ideale contro squadre che tendono a fare gioco, come si prevede per il Lione. Spalletti con quei due là davanti ha la possibilità di avere uno capace anche di giocare con la palla addosso (Dzeko) e uno abile nell’attaccare la profondità. Perché Salah è rapido senza palla, mentre Perotti, che ha dimostrato di stare bene, è veloce con la palla ai piedi. Rapido e veloce, i due termini usati da Spalletti per tracciare la differenza tra Momo e Diego. Col Lione servirà più rapidità, da quanto si apprende.
ANCORA TU Tornando a Dzeko: Spalletti gli chiederà uno sforzo supplementare. Edin quest’anno ha speso molto, a differenza della passata stagione quando tante volte ha guardato gli altri dalla panchina e infatti ha segnato un terzo dei gol attuali. Ha perso la vetta tra i cannonieri di campionato (scavalcato da Belotti e agganciato da Higuain), vuole almeno mantenere quella in Europa League. E si sa quanto sia importante segnare un gol in trasferta per unire il dovere al piacere.
ANNATA STREPITOSA Fin qui, per Edin, è un’annata da record, visto che nel 2009-2010, in maglia Wolfsburg, chiuse la stagione con 29 reti complessive. «Non sono affatto stupito di fare così tanti gol: sono sempre stato così e solo la scorsa stagione è stata diversa per me… Ma non voglio fermarmi, voglio dimostrare ancora di più». Trenta, trentuno, ma al di là dei numeri servono i gol giusti al momento giusto: domani conteranno, così come conteranno contro la Lazio. Perché Dzeko segna spesso gol pesanti, quelli dell’uno a zero. Spalletti, dopo un’annata in cui lo ha fatto giocare poco (erano in auge nella Roma i tre attaccanti di movimento) è riuscito a tirare fuori il meglio da Edin. Anche torturandolo, anche quando faceva gol. Lo ha definito molle, poi divino dopo la rete decisiva contro il Cagliari, una rete da cattivo, come piace a Lucio. Ora è un po’ che il tecnico non gli si è scagliato contro e magari Edin – si fa per scherzare – si è preso una pausa proprio per questo. «Qui fai bene tre volte, ma se alla quarta sbagli, ricominciano con gli insulti. E’ come se si aspettasse l’occasione giusta per colpirti», ci disse in un’intervista di qualche tempo fa. Ecco, gli insulti fanno male, i rimproveri dell’allenatore possono anche servire, pur mantenendo una leggera preferenza per i complimenti. «Ogni tanto fanno bene», ci fece notare Dzeko nella medesima intervista. Ma stasera si accende la luce d’Europa, e la Roma si affida anche ai suoi gol. Perché qui si vuole vincere un trofeo. E per vincere serve anche l’ossessione per il gol da parte del bosniaco. E l’ossessione per il gol di un uomo buono, molle ma forte forte, può solo portare lontano. Che la pausa sia finita, Edin, rimetta in moto il piedino.
(Il Messaggero – A. Angeloni)
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