(Corriere della Sera – G. Piacentini) Esattamente dodici mesi fa Edin Dzeko era un attaccante in crisi. I tantissimi tifosi che due estati fa andarono ad accoglierlo a Fiumicino come se fosse il nuovo Batistuta, lo avevano già scaricato da un pezzo. La Roma no, e oggi la scommessa è molto più che vinta.
Dai preliminari Champions con il Porto (17 agosto 2016) fino alla doppietta di domenica con la nazionale bosniaca contro Gibilterra, infatti, Edin ha realizzato la bellezza di 46 reti in 61 match, con una media di 0,75 a partita: 40 in 53 gare con la maglia giallorossa – 39 nella passata stagione in cui ha conquistato il titolo di capocannoniere più il gol segnato all’Inter nella prima all’Olimpico – e 6 in 8 partite con la sua nazionale, che proprio grazie a lui è ancora in corsa per i play-off che valgono un posto ai prossimi mondiali.
Il «cigno di Sarajevo», soprannome che gli è stato dato per omaggiare Marco Van Basten, di cui ricorda le movenze, a suon di gol è diventato un personaggio fondamentale per la Roma. Lo è stato lo scorso anno per Luciano Spalletti, lo sarà ancora di più in questa stagione per Eusebio Di Francesco, che oggi lo riabbraccerà a Trigoria, dove ha cominciato a preparare la delicatissima trasferta a Genova di sabato prossimo contro la Sampdoria.
Una formazione a cui Dzeko ha già segnato tre volte nella passata stagione: una negli ottavi di finale di Coppa Italia (4-0 il risultato) e due in campionato, all’andata all’Olimpico nella gara interrotta per oltre un’ora a causa di un nubifragio, e al ritorno a Marassi, nel match che la Roma perse 3-2 dopo essere stata avanti grazie alle reti di Bruno Peres e del bosniaco. A rimettere in corsa i blucerchiati ci pensò Patrick Schick, autore del momentaneo pareggio e oggi compagno di reparto di Edin. Proprio dalla loro convivenza tattica passeranno le fortune della Roma: Di Francesco dovrà trovare la soluzione per farli giocare insieme senza stravolgere gli equilibri che ha provato a costruire finora. Simili nel modo di interpretare il ruolo e nel mettersi a disposizione della squadra, possono diventare un’arma micidiale per superare e difese avversarie. Magari partendo da quella della Sampdoria.
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