Edin Dzeko

(Il Messaggero – A. Angeloni) Segna lui e la Roma vince; non segna e la Roma vince lo stesso. Non segna e la Roma vince spesso 1-0 e allora ecco il refrain di «se non va in gol Dzeko, la squadra fatica sotto porta». Poi la Roma segna quattro reti alla Fiorentina, tre al Chelsea e lui resta ancora a secco, ma di refrain se ne trova un altro «Edin fa segnare gli altri, è importante per la squadra». Come la giri la giri, il bosniaco è indispensabile. Perché è sole e luna, bomber e rifinitore (a Firenze movimento interno per aprire le porte a Gerson, tacco che manda in porta Kolarov e palla gol per Defrel, tanto per fare qualche esempio). Il 18 c’è il derby, ma stavolta non dobbiamo raccontare di un Dzeko che tornerà stanco dagli impegni con la sua nazionale. La Bosnia non va al mondiale, in settimana non gioca, quindi lui può studiare la Lazio. E Di Francesco sorridere. Ripensando ai gol di inizio stagione e alla fatica tremenda che fa in tutte le partite, giocando con e per la squadra.

ASTINENZA – In campionato non segna da 5 partite, questo è un dato che un po’ lo disturba, perché un bomber vive per la porta. Nelle tre vittorie di misura per 1-0 (Torino, Crotone e Bologna), la zampata di Dzeko sarebbe servita a rendere più agevole il successo. Ma il suo apporto non è mai mancato. In stagione ha già toccato quota 10 reti, (7 in serie A e 3 in Champions) ma mai come quest’anno il centravanti bosniaco si è trasformato in giocatore totale. Di assist ne faceva anche la scorsa stagione ma il suo raggio di azione era esclusivamente negli ultimi 20-25 metri. Ora, da un po’, è diverso: esce dall’area come gli ha chiesto Di Francesco – per stanare i due centrali difensivi e non è un caso che nelle ultime gare abbiano segnato gli esterni del tridente: El Shaarawy con il Bologna e doppietta col Chelsea, Perotti in Champions e a Firenze, Gerson doppietta contro i viola. Tuttavia la prestazione che fotografa meglio il nuovo Dzeko è quella contro i Blues all’Olimpico, caratterizzata da una generosità inedita. In almeno tre casi, l’attaccante ha effettuato aperture da regista dal dischetto del centrocampo, praticamente sostituendosi a De Rossi, lanciando il terzino che saliva accompagnando l’azione. Nella ripresa, poi, è partito palla al piede, percorrendo almeno una cinquantina di metri con il trio Ruediger-David Luiz-Cahill che provava a fermarlo, inutilmente, per poi servire Perotti, a tu per tu con Courtois.

CARATTERE – Ma l’Edin che non ti aspetti è anche a livello caratteriale. Non è molle come lo dipingeva spesso e volentieri Spalletti. Quella sfumatura caratteriale è stata sostituita da una grinta inconsueta. Basterebbe ricordare il diverbio con Bonucci a Milano, al quale è poi seguita la giocata che ha deciso la partita. Poi, un particolare che in pochi hanno notato prima dell’inizio della gara con il Chelsea: nel sottopassaggio, con la tensione che sfigurava i volti dei compagni, Edin è andato ad abbracciarli uno ad uno, infondendogli un pizzico di serenità. Un gesto da leader e poi in campo i risultati si sono visti. Questa sosta arriva nel momento giusto, insomma. Dopo Alisson, è il calciatore maggiormente impiegato da Di Francesco e inevitabilmente è più stanco di altri: nella Roma del turnover, lui il turnover non lo fa: se in Champions gli è stato risparmiato soltanto l’ultimo minuto del match casalingo contro l’Atletico Madrid, in campionato Edin ha collezionato già 971 minuti, creando 19 occasioni, segnando 7 reti (3 di destro, altrettante di sinistro e una di testa) 2 assist e centrando lo specchio della porta il 48,9 per cento delle conclusioni provate (23 su 47). L’eliminazione della Bosnia dalla corsa ai mondiali, permetterà al centravanti di riposare. Per la Lazio. Contro la quale è fermo ai gol nel suo primo anno, uno all’andata (con Garcia) e uno al ritorno (con Spalletti). Totali giocati, 4 in campionato e due in coppa Italia. Ecco, quelli in coppa Italia ancora gli stanno addosso e non solo a lui. Ergo, riposi, Dzeko, riposi.



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