(Gazzetta dello Sport – M. Cecchini/ D. Stoppini) I 30 milioni di euro che il Chelsea garantiva alle casse di Trigoria a gennaio sono più o meno gli stessi soldi che Edin Dzeko, a forza di reti, assist e sportellate, ha fatto guadagnare alla Roma trascinando i compagni fino alla semifinale di Champions. Si dirà: eh, vuoi mettere il risparmio di un ingaggio da top player, cinque milioni di euro a stagione? No, non si dirà. Perché quei soldi Dzeko se li è ampiamente guadagnati esibendosi con una completezza di gioco come mai aveva mostrato in carriera. La Serie A gli ha regalato una centralità e un peso specifico come neppure quand’era poco più che ragazzino, al Wolfsburg. La rete al Liverpool di mercoledì scorso ha segnato il sorpasso in termini realizzativi dello Dzeko romanista rispetto all’Edin del Manchester City. Settantatré reti contro settantadue, di qua nell’arco di tre stagioni meno tre partite, di là in quattro annate e mezzo. E la frequenza minuti rafforza il concetto: tenuta in considerazione qualsiasi competizione, in Inghilterra Dzeko segnava un gol ogni 153 minuti, da queste parti con lui si esulta ogni 143 minuti, poco più che una partita e mezza. Siamo poco sotto i ritmi del Wolfsburg, quando Dzeko aveva 10 anni di meno sulla carta d’identità.
Ora la Roma vuole riservarsi un tavolo al ristorante dove tanto bene ha mangiato fino a poche sere fa. La qualificazione Champions League passa da Cagliari, il treno è qui per evitare problemi che non t’immagini poi. E passa da Dzeko, titolare oggi, domani e dopodomani, in tutte e tre le partite che mancano alla fine della volata. Conti alla mano, il bosniaco avrà giocato alla fine della stagione 4.112’, più di un anno fa, più di sempre, eccezion fatta per il 2009-10 al Wolfsburg. Anni 32: vuol dire che il fisico regge.
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