Stadio della Roma

Questa sera l’Olimpico sarà pieno come non capitava da moltissimo tempo. E questo stadio occorrerà «tenerselo buono» per almeno altri tre o forse quattro anni (se va bene). Prima di quella data, infatti, il nuovo impianto giallorosso a Tor di Valle non sarà aperto mentre per il futuro stadio della Lazio siamo ancora più indietro. Domani andrà in scena l’ultimo atto della Conferenza di Servizi in Regione, aperta sul progetto che la Roma ha presentato, basandolo sulla delibera Marino. Ma quel primo accordo tra la Pallotta e il Campidoglio è stato mandato in soffitta dall’intesa Raggi-Roma del 24 febbraio scorso e il progetto è stato bocciato un po’ su tutta la linea per una serie di problematiche: dalla variante urbanistica mancante, alla Valutazione di impatto ambientale negativa, ai diversi pareri unici del Comune e della Città Metropolitana contrari. Domani, quindi, se tutte le indiscrezioni del giorno prima fossero confermate, dovremmo assistere alla presentazione di una nuova richiesta di interruzione dei lavori della Conferenza da parte della Roma. Il Comune potrebbe «appoggiare» l’istanza della società giallorossa, portando il testo della nuova delibera di indirizzo approvata il 30 marzo scorso come «prova» di buona fede e impegno politico. C’è da capire cosa farà la Regione: la cosa più sensata – e verso la quale spingono i funzionari di via della Pisana – sarebbe quella di chiudere questa Conferenza e aprirne una nuova quando il Consiglio comunale approverà la nuova delibera e il conseguente aggiornato.

Ma vi è anche una seconda possibilità: la concessione di 90 giorni (minimi) di interruzione, accogliendo la richiesta giallorossa, ufficialmente per «esaminare» il testo del Campidoglio, in realtà per consentire al Comune di avere la vera delibera approvata in Consiglio. Un’ipotesi, questa, caldeggiata politicamente per non far passare l’Amministrazione Zingaretti come contraria al progetto ma che, allo stesso tempo, rischierebbe di esporre tutto l’itera un annullamento da parte del Tar in caso di ricorsi.

Sul fronte Lazio, poi, siamo in alto mare. Il presidente biancoceleste, Claudio Lotito, non ha mai fatto mistero di essere ancora fermo sull’idea di realizzare il futuro impianto sui suoi terreni della Tiberina, essendo convinto quanto consentito alla Roma per superare il vincolo idrogeologico e le cubature concesse in compensazione debbano essere date anche a lui. Dall’altro lato, in Campidoglio, c’è lo «spettro» dello Stadio Flaminio: un po’ l’Amministrazione 5Stelle vorrebbe mettere a segno un bel colpo, rimettendo in funzione l’impianto, un po’ c’è la mozione degli affetti di una fetta dei tifosi laziali che vedrebbe volentieri nel Flaminio la futura casa biancazzurra. Tuttavia, come lo stesso Lotito ha più volte detto – anche per ammissione di Daniele Frongia, assessore allo Sport della Raggi – da parte della Lazio non c’è interesse per il Flaminio: troppi problemi da risolvere e poca possibilità di reddito. In mezzo, in queste ultime settimane si sarebbero moltiplicati gli imprenditori che provano a «piazzare» loro terreni presso la Lazio: una possibile alternativa sia alla Tiberina che al Flaminio.

(Il Tempo – F. Magliaro)



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