Eusebio Di Francesco

(Leggo – R. Buffoni) Di Francesco è arrivato a un bivio. È arrivato il tempo di allestire la sua Roma, abbandonando la necessaria e sacrosanta fase di transizione dalla vecchia gestione che (al netto delle polemiche) aveva fruttato un secondo posto. Il tecnico abruzzese è stato fin qui razionale e limpido, con la squadra e con il famoso “ambiente”. Ha parlato sempre chiaro e avallato scelte tattiche molto lontane dal suo credo solo ed esclusivamente per il bene della Roma, per farla avanzare nel mare agitato di una stagione come sempre ricca di aspettative ma tutta da costruire. Di Francesco è qui da quattro mesi, nulla a confronto dei due anni e 4 mesi di Sarri a Napoli. Un deficit di lavoro che, sabato sera, è emerso in maniera netta. È rimasto l’impegno di dopodomani a Londra da affrontare con l’imperativo della concretezza, per non rischiare figuracce pericolose all’autostima della squadra. Poi, però, bisognerà voltare pagina e cominciare a dare un’impronta definitiva alla squadra. In fondo Di Francesco, spiegando il primo tempo di Nainggolan contro il Napoli («Abbiamo accontentato chi lo voleva così avanzato», ha scherzato Eusebio nel dopo partita) ha annunciato l’imminente svolta. Che passa per l’inserimento in squadra di Schick in primis e anche di Karsdorp. Due acquisti importanti, che permetteranno di giudicare anche il lavoro di Monchi fin qui impalpabile Kolarov a parte. Soprattutto l’innesto dell’attaccante ceco sarà delicato perché, pur con la premessa della “partenza da destra” Patrik è una punta centrale assolutamente complementare a Dzeko. Ora che il dente è stato tolto e che il ruolo di anti-Juve è ufficialmente cucito addosso al Napoli, Di Francesco può proporre la sua Roma.



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