(La Repubblica – F. Bocca) Forse la Roma cominciava ad affezionarsi un po’ troppo alla sua stessa favola. Gli schiaffi di Griezmann e Gameiro, con l’Atletico che proprio non ci stava a uscire dalla Champions senza un’impennata d’orgoglio colchonero, l’hanno riportata alla realtà. Anche se gli effetti del kappaò sono comodamente ammortizzabili battendo il Qarabag all’ultimo turno dei gironi di qualificazione. E non solo: è ancora possibile conquistare il primo posto del girone. La Roma, che non perdeva dal match col Napoli all’Olimpico (14 ottobre), ha giocato una partita timida e fin troppo prudente e alla fine non è quasi mai riuscita a impensierire un avversario orgoglioso e pronto a giocarsi il tutto per tutto. Insomma alla fine la spinta nervosa e umorale di Simeone ha avuto ragione sulla ancora acerba esperienza internazionale di Di Francesco.
I giallorossi hanno giocato la loro partita con eccessiva freddezza, cercando soprattutto di non farsi intimorire dalla conca di uno stadio colmo di passione biancorossa, tifosi eccitati da improbabili marcette, ma anche incredibilmente ben disposti verso i rivali, per strani giochi di alleanze, mandando a quel paese la Lazio. Simeone si aspettava un avversario più aggressivo, più deciso a scoprirsi, capace di rischiare qualcosa di più per chiudere qui il discorso qualificazione. Ma non è stato così. Di Francesco ha fatto forse troppi calcoli, e mentre il collega si sgolava e si sbracciava indemoniato vicino a lui ringhiando contro Griezmann e Torres, l’allenatore della Roma tirava le leve di una Roma molto poco generosa con lo spettacolo, impacciata e meno veloce del solito, prudentissima anche se pronta a correggere immediatamente i suoi stessi errori. Nainggolan, troppo preso dal suo ruolo di motore primario del gioco e incappato in una serie di passaggi sbagliati e pericolosamente intercettati, Pellegrini spaesato e condizionato dall’importanza del match (Di Francesco lo ha poi sostituito con Strootman dopo un’ora), Gerson promosso ancora una volta ad assistente di Dzeko ma sostanzialmente disperso tra Lucas e Luis Felipe. Un controllo accettabile della partita ma anche minimale, con evidente l’intenzione di accontentarsi del pareggio e portare dunque a casa il massimo dell’incasso con la minima spesa.
L’Atletico ha così cominciato a spingere sempre di più, ad avvicinarsi sempre di più alla porta di Alisson, il grande protagonista del match d’andata. Simeone ha pigiato l’acceleratore dei cambi fino a quando le azioni veloci e insistenti hanno aperto il varco giusto e dato lo spazio ad Antoine Griezmann per una spettacolare rovesciata di sinistro che ha scardinato lo 0-0 stagnante. Il campione si è rialzato da terra esplodendo di gioia dopo un periodo di grande siccità di gol (8 partite), forti tensioni col club e anche con l’allenatore: «Sono pazzo, sono pazzo» ha detto. Beffardamente Griezmann ha consegnato il suo fardello di angosce a Edin Dzeko, all’asciutto a sua volta da sette partite e nettamente involuto dalla grande notte di Stamford Bridge, ormai più di un mese fa e inutilmente inquadrato in una linea a quattro attaccanti (El Shaarawy, Defrel, Dzeko, Perotti), nel tentativo disperato di risalire la partita. Ma anche vanificato dal cartellino rosso a Bruno Peres per doppia ammonizione e dal raddoppio di Gameiro a chiudere la serata no della Roma. Alla fine Di Francesco è andato a stringere cavallerescamente la mano al giurassico ma sempre fiero e pericoloso Simeone.
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