Javier Pastore e Dzeko

ROMA-ATALANTA 3-3 PASTORE – Un bel gol di tacco così non si vedeva dai tempi di Alessandro Faioli Amantino, detto Mancini, che con quella giocata abbagliò il derby del novembre 2003: cross di Cassano, palla al volo del brasiliano, Sud impazzita, Roma impazzita. Quindici anni dopo (circa), ci risiamo, da un brasiliano a un argentino: Javier Pastore. Palla dentro di Under, delizia del Flaco, stavolta sotto la Nord.

Pastore, si riparla di lui. Gioca bene o gioca male. Il suo ruolo sarà sempre il dilemma della stagione. Stavolta Di Francesco inizialmente lo piazza a sinistra, ma lui fa un po’ quello che vuole: si accentra, cerca i palloni, dà poca sostanza ma parecchia qualità. Il tocco c’è, nulla da dire. Il problema è la sostenibilità di un calciatore con queste caratteristiche: quei classici personaggi che in Italia vengono definiti lussi, magari in Argentina no, vedi un certo Riquelme. I lussi sono costosi, ti danno e ti tolgono, specie in una squadra che vuole darsi un tono tattico.

IL RUOLO X – Stavolta Pastore ha dato, almeno per le giocate, anche perché nella ripresa Di Francesco lo ha piazzato sulla trequarti, nel pieno della confusione, ma lui è riuscito a mettere lo zampino nel gol di Manolas e ha mandato in porta pure Under, che poteva segnare il pari ancor prima. I contrasti non sono il suo forte, questo è noto. La rete, appunto, resta una perla e statisticamente era il primo tiro in porta subito dall’Atalanta in campionato.

«È stata la prima palla giocata, Cengiz ha fatto il cross e ho pensato subito a fare quel colpo. Per fortuna è entrata, a volte sbaglio e poi sembro ridicolo. Stavolta non è stato così, per fortuna», Javier dixit. Ma il gol non è bastato: da quel momento la Roma è svenuta. «I difensori non avevano la giocata facile e buttavamo la palla. Dopo il 2-1 ci siamo incoraggiati ma non siamo riusciti. Nello spogliatoio abbiamo parlato con più serenità, ci siamo messi d’accordo nei movimenti e nell’aiuto al compagno. Nel secondo tempo siamo stati completamente diversi. Sono le prime partite, dobbiamo migliorare tanto ancora. La cosa più importante è quello che abbiamo fatto nella ripresa, ora dimentichiamo il primo tempo, non possiamo permettercelo». Eh no.

(Il Messaggero – A. Angeloni)



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